Diritto ereditario

Successione in genere

Con la morte di una persona sorge la necessità di devolvere il suo patrimonio ai successori.

L’apertura della successione provoca la vocazione (chiamata) e la delazione (offerta) dei successori. L’offerta del patrimonio non sempre è immediata e diretta, ma può essere condizionale, successiva o indiretta.

Per succedere ad una persona è necessario esserne capaci; l’indegnità e la sospensione lo impediscono.

Fondamentale la distinzione tra successione a titolo universale (erede) e quella a titolo particolare (legato), anche per individuare chi è tenuto a pagare i debiti ereditari; solo gli eredi ne sono onerati.

Non sempre è immediato capire se una disposizione sia a titolo di erede o di legato, poiché spesso il testatore attribuisce ai successori beni specifici di rilevante valore. Se si tratti di legati, di attribuzione di bene in funzione di quota ereditaria (istitutio ex re certa) o di divisione operata dal testatore, è il risultato di interpretazione.

Se normalmente le posizioni giuridiche attive e passive a contenuto patrimoniale, facenti capo al de cuius, si trasmettono per successione, ve ne sono altre intrasmissibili o acquistabili jure proprio. Di attualità sono le problematiche inerenti all’eredità digitale.

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Patti successori

Salvo eccezioni, l’ordinamento italiano vieta i negozi, diversi dal testamento, con cui taluno dispone della propria successione o di quella di un terzo. I patti successori, vietati, possono essere istitutivi, dispositivi o rinunziativi.

Soltanto i patti di famiglia costituiscono una deroga eccezionale, in funzione della salvaguardia dell’unità e continuità imprenditoriale.

Vi sono altre figure giuridiche controverse che si avvicinano ai patti successori; dal loro inquadramento dipende la loro validità.

Eredità prima dell’acquisto e tutele

Nel periodo tra l’apertura della successione e l’acquisto dell’eredità l’asse ereditario si trova ad assumere la natura di patrimonio di destinazione. Ha perso il suo originario titolare e non è stato ancora acquistato dai successori; è momentaneamente privo di soggetto.

La legge però, in attesa che i chiamati decidano se acquistare l’eredità o meno, attribuisce loro diversi poteri. Pensiamo alle azioni possessorie, agli atti di vigilanza e di conservazione patrimoniale; ancora agli atti di amministrazione temporanea sia ordinaria che straordinaria volta a mantenere la capacità produttiva di certi beni (ad esempio terreni agricoli e aziende).

Poiché i chiamati hanno solo il potere ma non l’obbligo di amministrare l’eredità, può entrare in gioco l’istituto dell’eredità giacente.

Il curatore dell’eredità giacente assume i poteri di amministrare e liquidare il patrimonio in funzione della conservazione dello stesso e del pagamento dei creditori ereditari.

Rappresentazione

E’ il fenomeno di frequente applicazione per cui un chiamato (figlio o fratello del de cuius), non potendo o volendo acquistare l’eredità, fa subentrare in suo luogo i propri discendenti.

E’ una forma di successione legittima a chiamata indiretta (differita o immediata).

Non poche le problematiche applicative connesse all’istituto.

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Accettazione pura e con beneficio di inventario, rinunzia e tutele

Se il legato si acquista automaticamente, salvo rinunzia, l’eredità necessita di accettazione.

L’accettazione pura, quella che crea confusione tra il patrimonio dell’erede e quello ereditato, può essere tacita o espressa. La prima ricorre quando il chiamato compie atti che manifestano la volontà di accettare l’eredità; la seconda quando il chiamato per iscritto dichiara di accettarla o si dichiara erede.

L’accettazione con beneficio di inventario, che consente di tenere distinto il patrimonio dell’erede da quello ereditato, con tutto quanto ne consegue in termini di responsabilità per i debiti ereditari, richiede il rispetto di precise formalità ed oneri per non decadere. Il chiamato che è nel possesso dei beni ereditari ha anche determinate tempistiche da rispettare, pena l’accettazione come erede puro e semplice. Taluni soggetti (minori, interdetti, emancipati, inabilitati) non possono che accettare con beneficio; diverso il discorso per i beneficiari di amministrazione di sostegno.

Il chiamato può sempre rinunziare; quello a titolo di legato compirà un atto di rinunzia dismissivo di un diritto già acquisito, mentre il chiamato a titolo di erede compirà un atto di rinunzia impeditivo dell’acquisto, ancorché revocabile.

La rinunzia di un chiamato che pregiudichi gli interessi dei suoi creditori personali, può essere da loro impugnata per soddisfarsi sul patrimonio ereditario.

L’interesse speculare a quello dell’erede beneficiato, si trova anche nei creditori dell’eredità e legatari a non veder confuso il patrimonio personale dell’erede con quello ereditario. In tal caso ad essi spetta l’azione di separazione dei beni necessari per assicurarsi la soddisfazione dei propri crediti.

Ai successori spettano tutte le azioni derivate che competevano prima al de cuius (azioni contrattuali, revocatorie, surrogatorie, a difesa della proprietà, ecc) ed alcune azioni nuove. La più importante è la petizione dell’eredità, che permette all’erede di recuperare i beni contro terzi che li posseggono illegittimamente. Non pochi problemi si pongono quando il terzo possessore abbia acquistato i beni dall’erede apparente. In tali casi la buona fede del terzo e l’anteriorità della trascrizione faranno salvo l’acquisto del terzo.

Successione necessaria e tutele

I legittimari o successori necessari sono quei soggetti, appartenenti a determinate categorie (coniuge, figli e ascendenti), a cui la legge attribuisce, anche contro la volontà del de cuis, una quota minima, variabile in funzione della categoria, del loro concorso e del numero dei partecipanti.

Al coniuge, anche separato senza addebito (il coniuge separato con addebito e l’ex coniuge divorziato perdono i diritti successori), spetta sempre a titolo di legittima anche il legato di abitazione della casa coniugale e l’uso dei mobili che la arredano.

La quota spettante al legittimario si calcola su tutto il patrimonio del de cuius, sia su quello relitto che su quello donato, diversamente da quanto accade per la successione legittima calcolata sul solo relictum. E’ per questo che la presenza di legittimari rappresenta una limitazione ai poteri dispositivi del de cuius, sia per quanto concerne gli atti tra vivi (donazioni dirette e indirette) che per le disposizioni testamentarie.

A presidio dei diritti del legittimario vi è anche l’art. 549 cc, che sancisce la nullità dei pesi e condizioni imposti sulla loro quota.

Quando il de cuius contravvenga a tali limiti, i suoi legittimari hanno la possibilità di tutelarsi con l’azione di riduzione, prima delle quote legali (successione legittima), poi delle disposizioni testamentarie ed infine delle donazioni. Tale azione è esperibile sia dal legittimario preterito (escluso dalla successione) che da quello leso; è soggetta a rigorosi adempimenti come l’accettazione beneficiata e l’imputazione di quanto ricevuto per donazione o successione (legato ed eredità).

Al successore necessario spetteranno anche le azioni recuperatorie sia contro i destinatari delle disposizioni ridotte, che contro i loro eventuali terzi acquirenti. Da qui si comprende l’intralcio alla circolazione dei beni ricevuti in donazione, dato dalla presenza di legittimari.

Vi è anche la possibilità che i soggetti coinvolti possano regolare pattiziamente la successione necessaria, attraverso c.d. “accordi di reintegra”.

Al testatore è invece data la possibilità di attribuire al legittimario un legato in sostituzione di legittima, uno con diritto al supplemento ed uno in conto di legittima.

Successione legittima

Quando la successione non è regolata da testamento o lo è solo parzialmente, è la legge che individua i successori e le relative quote.

La tutela della famiglia come entità sociale è accordata attraverso un sistema a vocazione mista basato su una graduatoria degli ordini successori (coniuge e discendenti, ascendenti e poi collaterali) regolata all’interno di ogni ordine dalla preferenza al grado prossimo.

Oltre il sesto grado l’unico erede per legge sarà lo Stato, che acquista automaticamente e con i benefici dell’inventario.

Di particolare rilevanza è il fenomeno dell’”accrescimento” nella successione legittima. Cosa succede in caso di rinunzia di un chiamato? La sua parte va a tutti gli altri o ai suoi concorrenti?

Testamento, revoca e tutele

Il testamento è la massima espressione della libertà del de cuius, poiché gli consente di regolare le sorti del proprio patrimonio; solo così potranno ad esempio succedergli soggetti non parenti o diversi dalle persone fisiche (società, associazioni, enti, ecc).

Per fare testamento è necessario averne la capacità, pena l’annullabilità.

Il testamento ha le caratteristiche di certezza e personalità (solo al testatore spetta la designazione del beneficiario), del formalismo (deve essere fatto per iscritto nelle tre forme consentite) e della revocabilità.

Il testatore può modellare, entro certi limiti, le attribuzioni a titolo di erede e di legato con l’apposizione di condizioni, termini od oneri.

Di fondamentale importanza sono i vizi di cui può essere affetto il testamento: inesistenza (testamento orale), invalidità (nullità e annullabilità). Però, proprio in considerazione del fatto che la scheda testamentaria è atto irripetibile, è possibile in taluni casi la conferma delle disposizioni, per il principio di conservazione.

La libertà di testare si esprime anche attraverso la libertà di revocare il testamento, sia in modo espresso che tacito.

Accrescimento, sostituzione ed esecutore testamentario

L’accrescimento, in senso tecnico, è quel meccanismo che a fronte di una vocazione testamentaria solidale, consente di espandere la quota degli altri contitolari, a fronte del mancato acquisto di alcuno di essi. Perché operi l’acquisto per accrescimento (espansione del diritto senza che sia necessaria una ulteriore accettazione e senza possibilità di rinunzia) è necessario che vi sia unicità di testamento, istituzione in uguali quote e mancato acquisto da parte di taluno dei chiamati.

L’accrescimento è istituto residuale, in quanto non opera in caso di trasmissione del diritto di accettare (art. 676 cc), di esclusione voluta dal testatore, di sostituzione e di rappresentazione. E’ possibile anche l’accrescimento tra collegatari.

L’istituto della sostituzione ordinaria consente al testatore di stabilire, per il caso in cui il primo chiamato non voglia o non possa accettare, chi gli subentri. In tal modo il de cuius eviterà che si possa aprire anche una successione legittima per il venir meno di un designato testamentario.

Con la sostituzione fedecommissaria, in via eccezionale, è consentita l’istituzione in favore di figli, discendenti e coniuge che sia interdetti o abitualmente infermi di mente, e dopo di loro in favore della persona o ente che si è presa cura dell’incapace. L’istituto non è concepito per la conservazione del patrimonio in sé, bensì per assicurare l’assistenza all’incapace. E’ evidente che il suo meccanismo (doppia delazione successiva) impone obblighi sia in capo all’istituito incapace in funzione di conservazione del patrimonio, sia in capo al sostituito che ha onere di prendersi cura dell’incapace. Sempre nei limiti di validità del fedecommesso, è consentito anche quello de residuo. Altri istituti, che possono svolgere analoga finalità assistenziale, sono individuabili nell’attribuzione testamentaria separata di usufrutto e nuda proprietà, nella fondazione e nel trust.

Per garantire che le disposizioni testamentarie abbiano corretta e celere esecuzione è il testatore può nominare un esecutore testamentario. Con l’accettazione dell’incarico, sempre rinunziabile e soggetto a pubblicità nel registro delle successioni, l’esecutore assume l’ufficio con poteri di amministrazione tutti finalizzati all’attuazione del testamento e così atti conservativi, liquidativi, gestori. Se attribuitogli dal testatore, ha anche il potere di dividere i beni tra i successori.

Egli avrà anche l’obbligo fiscale di presentare la dichiarazione di successione.

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Legati

Il legato è un’attribuzione di specifici diritti a causa di morte, a differenza di quanto avviene per l’erede, che subentra in una universalità di rapporti attivi e passivi appartenenti al de cuius. Spesso nei testamenti olografi è necessario un notevole sforzo interpretativo per individuare le due diverse attribuzioni al fine di applicare la relativa disciplina normativa. Pensiamo al pagamento dei debiti a cui il legatario non è tenuto, all’acquisto automatico del legato, al possesso del legatario che ne inizia uno nuovo, alla sua autonomia rispetto alla chiamata ereditaria (prelegato), ecc.

Oltre ai legati testamentari, vi sono anche legati ex lege (abitazione e uso mobili in favore del coniuge, assegno vitalizio al coniuge separato con addebito) e legati anomali (assegno coniuge divorziato, successione contratto locazione).

I soggetti onerati del legato sono gli eredi o altro legatario (sublegato).

A seconda dell’oggetto del legato possiamo avere le macro categorie dei legati reali, costitutivi reali, obbligatori e liberatori. I primi ricorrono tutte le volte in cui il diritto appartenente al de cuius viene trasmesso direttamente al legatario; i secondi quando gli viene attribuito un diritto reale diverso dalla proprietà appartenente al de cuius, i terzi quando il legatario acquista un diritto di credito che prima non apparteneva al testatore e sorge con l’apertura della successione; gli ultimi quando il testatore libera il legatario suo debitore dal debito o parte di esso.

Il legato consente al testatore la massima espressione della libertà negoziale a causa di morte, potendo dar vita ad una moltitudine di attribuzioni; pensiamo ad esempio a quello di cosa altrui o di cosa solo in parte del testatore, al legato di riconoscimento del debito ed al legato di contratto.

Divisione ereditaria e collazione

Nella terminologia di “divisione ereditaria” sono ricomprese tante fattispecie eterogenee tra loro.

Difatti il primo che può intervenire in vario modo nella divisione è il testatore, provvedendo ad assegnare direttamente i beni agli eredi (in tal caso all’apertura della successione non sorgerà la comunione), oppure a dettare le regole a cui dovranno attenersi gli eredi per dividere i beni, ancora incaricare della divisione l’esecutore testamentario o un terzo.

Lecita ed opportuna la previsione testamentaria dei conguagli per colmare le differenze di valore, anche in considerazione delle variazioni che possono verificarsi tra la redazione del testamento e l’apertura della successione.

Assai frequente è l’attribuzione dei beni agli eredi in funzione di quota del patrimonio (art. 588 comma 2 cc), chiamata istitutio ex re certa. E’ però fonte di rilevanti problematiche applicative; una per tutte la sorte dei beni sopravvenuti od omessi dal testatore.

Con l’istituzione degli eredi per quote, all’apertura della successione vi sarà una comunione ereditaria. Tale comunione potrà essere sciolta con la divisione o con molteplici negozi accomunati dal medesimo scopo divisionale, come ad esempio la permuta di quote, la vendita dei beni ad un solo erede, ecc.

Di fronte alla comunione sorge il diritto potestativo in capo a ciascun erede di ottenere la divisione dei beni, a cui si può pervenire mediante il contratto di divisione, a cui devono partecipare tutti i comunisti. In difetto di consenso, il diritto a dividere si attua attraverso la divisione giudiziale, ove possibile con attribuzioni in natura.

La granitica natura dichiarativa della divisione di recente ha ceduto il passo a quella costitutiva-traslativa, benché sempre con effetti retroattivi.

Connessa alla comunione ereditaria ed al conseguente scioglimento vi è la collazione. Determinati parenti prossimi del de cuius sono tenuti a conferire le liberalità ricevute in vita, sul presunto fondamento che la donazione sia un anticipo di eredità. Salvo il caso di dispensa, quale ulteriore liberalità supplementare, l’erede beneficiario è tenuto alla collazione per imputazione (la porzione spettante è ridotta del valore corrispondente alla donazione) o con conferimento in natura (restituzione alla massa ereditaria da dividere).

Infine la comunione è assistita dal retratto successorio, nella duplice veste dalla prelazione dei coeredi a fronte dell’alienazione a terzi della quota da parte di uno di loro e del riscatto, in caso di violazione della prelazione.

Donazioni e tutele

La donazione diretta è un vero e proprio contratto, gratuito, consensuale, unilaterale e formale.

Esistono anche le donazioni indirette, ossia quelle attuate attraverso l’utilizzo di un diverso negozio (negozio – mezzo) la cui causa concreta raggiunge la finalità liberale. Pensiamo alle ipotesi di remissione di debito, contratto a favore del terzo, assicurazione a favore di terzo, conto corrente cointestato, ecc.

E’ bene tener presente che la donazione diretta, salvo casi particolari, carente della forma dell’atto pubblico a pena di nullità, non si converte in valida donazione indiretta.

La donazione, vista allo spettro della futura successione del donate, presenta diverse criticità. La prima è data dalla possibile lesione dei diritti dei legittimari, che possono fare opposizione alla donazione o agire in riduzione. La seconda è rappresentata dall’obbligo di imputazione nel calcolo della legittima e di collazione in sede di divisione ereditaria.

Diritto internazionale privato e comunitario in materia di successioni

Di estrema attualità è l’applicazione della normativa internazionale ai sempre più frequenti casi di successioni che presentano elementi di “estraneità” al diritto interno italiano.

Pensiamo ad soggetto, non cittadino italiano, che risiede in Italia e che possiede beni in diversi paesi oltre a quello italiano. Quale legge regolerà la sua successione? Quale giudice avrà la giurisdizione a decidere sulle liti successorie?

In tali casi si può presentare un potenziale conflitto tra normative applicabili, di diversi stati. Ecco che l’ordinamento italiano, con la sua normativa interna (DIP L. 288/1995) individua la legge applicabile attraverso i criteri stabiliti negli artt. 46 – 50; primo tra tutti la nazionalità del de cuius.

Tuttavia tale normativa (art. 2) è destinata a cede il passo alle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia. Ecco che dal 17 agosto 2015 la normativa di riferimento per le successioni “internazionali” è diventata il Regolamento UE 650/2012, applicabile ex art. 20, universalmente a tutte le successioni, anche non regolate da normativa di paesi appartenenti all’Unione Europea.

Il criterio principale per individuare la legge applicabile è quello del paese di residenza abituale, derogabile per volontà espressa del de cuius o per la presenza di collegamento più stretto con altro paese.

Con tale regolamento UE è stato istituito il Certificato successorio europeo che consente al successore (erede o legatario) di far valere i propri diritti presso altro paese dell’Unione e all’esecutore testamentario o all’amministratore dell’eredità di dimostrare i propri poteri gestori in altro paese.