Diritto abitazione coniuge superstite

I diritti di abitazione della casa familiare ed uso dei mobili, garantiscono la continuità al coniuge superstite, ma possono gravare molto l'eredità.

Al coniuge superstite spettano l’abitazione della casa di residenza familiare e l’uso sui mobili che la corredano.

Questi sono i diritti riconosciuti dall’art. 540 secondo comma c.c. al coniuge quale legittimario. Ricordiamo che i legittimari, tra cui anche i figli e gli ascendenti, sono quei parenti a cui la legge riconosce il diritto di ottenere, anche contro la volontà del de cuius, una quota sull’eredità.

La ragione del diritto abitazione coniuge superstite ed uso dei mobili

L’evidente ragione di tali diritti di abitazione ed uso dei mobili risiede nel consentire al coniuge di poter continuare a svolgere la propria vita nel medesimo luogo in cui i coniugi avevano deciso di insediare la famiglia, evitando al medesimo di dover cambiare il proprio ambiente di vita a causa della morte del congiunto.

La loro natura giuridica

A questi diritti viene riconosciuta natura giuridica di legati di specie ex lege, ossia attribuzioni particolari di beni determinati (casa e mobili) che sorgono per legge. In quanto tali, nascono automaticamente al momento dell’apertura della successione in favore del superstite, ricorrendone i presupposti che vedremo, secondo il meccanismo acquisitivo dell’art. 649 c.c.. (tra tante Cass. 12042/2020). Pertanto non occorrerà alcuna accettazione, salva la possibilità di rinunzia.

Trattandosi di attribuzioni autonome, rispetto alla chiamata a titolo di erede, la loro rinunzia non implica rinunzia all’eredità e viceversa.

Altra rilevante conseguenza di tale automatica attribuzione è l’irrilevanza del possesso del coniuge superstite sulla casa ed i mobili, ai fini di cui all’art. 485 c.c.. In sostanza la relazione materiale del coniuge superstite con la casa ed i mobili non avrà gli effetti dell’accettazione tacita dell’eredità, poiché il suo possesso trova titolo proprio nell’acquisto immediato del legato (Cass. 1588/16).

Si ritiene che il legato di abitazione ed il legato di uso siano distinti ed autonomi, potendo così essere rinunciati distintamente.

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Presupposti

Rapporto di coniugio

Per il loro sorgere è necessario che il rapporto di coniugio non sia dissolto all’apertura della successione. Mentre potrà beneficiare di tali attribuzioni il superstite separato, a cui non è stata addebitata la separazione (art. 548 c.c.), non ne potrà l’ex coniuge divorziato.

Ad esempio il coniuge separato a cui sia stata assegnata la casa familiare in sede di separazione personale, potrà continuare ad abitarla a diverso titolo (legato di abitazione ex lege).

È dubbio se poi, una volta acquistati i legati, il superstite passato a nuove nozze mantenga i diritti o meno.

Chi lo nega adduce motivi di ordine morale o fa applicazione analogica dell’art. 9 bis L. 898/1970, in base a cui il beneficiario dell’assegno divorzile perde il diritto a percepirlo col passaggio a nuove nozze (Capozzi).

Chi lo afferma invece ritiene che tali diritti siano parte della legittima e dunque insensibili a vicende successive.

Esistenza di casa familiare

Deve esistere una casa adibita effettivamente a residenza familiare, abitata da entrambi i coniugi.

Certamente non sorgerà alcun diritto nel caso in cui coniugi con la separazione siano andati ciascuno ad abitare in case diverse da quella originaria familiare, per inesistenza dell’oggetto.

Non azzardato neppure dubitare dell’insorgenza del diritto nel caso in cui due coniugi, benché formalmente residenti (risultanze anagrafiche) nella medesima abitazione e non formalmente separati, vivessero in realtà in distinte abitazioni.

È possibile che i coniugi in vita abbiano contemporaneamente istituito due residenze familiari, magari una invernale ed una estiva; in tal caso pare possibile considerare il sorgere dei legati su entrambe le abitazioni in capo al coniuge superstite.

Può anche ritenersi che il godimento si estenda, ex art. 817 c.c., alle pertinenze della casa familiare, come il garage, poiché strumentale al pieno godimento dell’abitazione.

Proprietà del defunto o comuni

La casa familiare ed i mobili che la arredano devono appartenere in proprietà esclusiva del coniuge defunto o in comunione.

Quest’ultima locuzione “o in comunione” ha destato molte incertezze applicative: i due legati sorgono anche quando la casa familiare è in comproprietà con terzi? O per comunione deve intendersi solo la comproprietà tra i due coniugi?

Al primo interrogativo parte della dottrina e della giurisprudenza hanno dato risposta affermativa, attraverso una interpretazione estensiva, giustificata dalla ratio della norma volta a proteggere il coniuge superstite, anche di fronte di scelte elusive dell’altro coniuge. Pensiamo al caso in cui quest’ultimo ancora in vita ceda la propria quota di proprietà ad un terzo, facendolo entrare in comunione con l’altro coniuge, poi superstite.

Per converso, riposta positiva al secondo interrogativo proviene dalla maggior parte della dottrina e la giurisprudenza più recente (Cass. SS.UU. 4847/2013). In sostanza questa tesi, restrittiva, limita l’insorgenza dei diritti al caso di comproprietà tra i due coniugi, non potendo prendere in considerazione una limitazione del diritto di proprietà in capo ai terzi, estranei alla vicenda successoria. Tale teoria mitiga però l’effetto impeditivo al sorgere dei diritti con una conversione in diritto di credito pari al loro valore monetario, sulla quota di proprietà caduta in successione. In sostanza i diritti reali di abitazione e di uso non sorgono ma il coniuge superstite ha diritto al loro valore commisurato alla quota di comproprietà di cui il de cuius era titolare.

Esempio: appartamento in comproprietà tra il coniuge A e Tizio del valore di 300.000,00 euro; il coniuge A muore lasciando superstite il coniuge B di anni 70; quest’ultimo avrà diritto a percepire euro 60.000,00, pari ad 1/2 del valore del diritto di abitazione. Come ha confermato la sopra citata Cass. SS.UU., il valore del diritto di abitazione è calcolato con gli stessi parametri dell’usufrutto.

Questa teoria ha il pregio di trovare un equilibrio tra le posizioni soggettive delle persone coinvolte. Far salvi i diritti dei terzi, impedendo il sorgere di diritti successori che graverebbero su di loro estranei, e nel contempo attribuire comunque al coniuge superstite l’equivalente monetario del diritto non sorto, a carico dell’eredità. Tale ultimo diritto troverebbe il proprio fondamento sul principio della intangibilità della legittima qualitativa, per quanto possibile, e comunque quantitativa.

Abitazione e uso sono diritti di legittimario

L’art. 540 cc prevede tali diritti subito dopo aver stabilito la quota ereditaria di riserva spettante al coniuge.

Se è certo che, sussistendone i presupposti sopra esaminati, i diritti spettino per forza al coniuge, non altrettanto palese è se tali diritti si aggiungano alla quota ereditaria necessaria o se ne siano una componente. In sostanza sono un quid pluris o formano la quota?

Minoritaria è la teoria che ne afferma una componente qualitativa della quota, mentre dominante sia in dottrina che in giurisprudenza quella che professa una aggiunta qualitativa ed occorrendo quantitativa, alla quota di riserva (Cass. 26741/17).

Tale impostazione trova conforto proprio nel modo con cui gravano tali diritti; difatti l’art. 540 c.c. sancisce: “Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli.”

Riserva oltre al “valore” di tali diritti. Solo nel caso in cui ciò non sia sufficiente essi andranno a formare parte della quota di riserva del coniuge ed in ultima istanza andranno ad intaccare quella dei figli.

Facciamo un esempio: il de cuius fa testamento nominando eredi per la quota di riserva il coniuge A di anni 50 ed il figlio B, oltre a nominare erede C, estraneo, nella quota disponibile. Il patrimonio è composto dalla casa di abitazione con i mobili dal valore di euro 100.000 oltre a denaro per 110.000 euro.

Ad A e B spetta la quota di 1/3 ciascuno (art. 542 c.c.) e la restante di 1/3 a C, per un valore ciascuna di euro 70.000. Al momento della morte i diritti di abitazione ed uso hanno un valore di circa 75.000 euro. Detti diritti assorbono il valore della disponibile di 70.000 spettante a C, che non prenderà niente; per il restante valore di 5.000 gravano sulla quota dello stesso coniuge, che pertanto avrà diritto alla quota di eredità per un valore di 65.000. Concludendo, sul valore netto dell’asse (25.000 nuda proprietà + 110.000 denaro = 135.000) A prenderà 65.000 e B 70.000.

Abitazione e uso in caso di legato in sostituzione di legittima

Ipotizziamo che un coniuge disponga per testamento un legato sostitutivo (art. 551 I comma c.c.) in favore dell’altro; gli leghi ad esempio una somma di denaro.

In tal caso, i diritti di abitazione ed uso spetteranno ugualmente al coniuge superstite oppure no?

Se riteniamo che il legato in sostituzione di legittima sia sostitutivo della quota di riserva, possiamo ammettere che il coniuge acquisti ex lege anche i noti diritti di abitazione ed uso. Se invece riteniamo che il legato sia tacitativo di tutti i diritti di legittimario, allora la risposta non può che essere negava.

Né in dottrina e né in giurisprudenza troviamo soluzioni certe. Sicuramente non si potrà prescindere dalla concreta volontà testamentaria di ogni singolo caso e così si potrà con certezza escludere la nascita di tali diritti ove il testatore abbia attribuito (legato o divisione) l’abitazione ed i mobili a successori diversi dal coniuge.

In tal caso, per ottenerli dovrà rinunziare al legato e chiedere la legittima.

Abitazione e uso nella successione legittima

Il dubbio che questi legati spettino al coniuge anche in caso di successione legittima è sorto poiché essi sono menzionati solo nell’ambito della successione necessaria e non v’è traccia nelle norme che regolano la successione legittima.

A dissipare il dubbio è intervenuta la cassazione a sezioni unite (Cass. SS.UU. n. 4847/2013) sostenendo il riconoscimento di tali legati ex lege al coniuge anche nella successione legittima, in aggiunta alla quota di legittima, normalmente maggiore di quella di riserva. La conferma deriva poi dall’art. 584 c.c., in cui si afferma l’applicazione dell’art. 540 c.c. in sede di successione legittima del coniuge putativo. Sarebbe illogico pensare che quest’ultimo possa beneficiare di più rispetto al coniuge vero.

Il riconoscimento dei legati di abitazione ed uso anche in occasione della successione legittima è giusta anche per ulteriori ovvie considerazioni. Sia perché la successione necessaria è essa stessa una successione legittima potenziata, sia perché tali diritti graveranno prima sulla disponibile che in parte spetta anche al coniuge erede legittimo e poi perché essi sono diritti del legittimario che resta tale in ognuna delle due uniche fonti successorie, quella per legge o quella per testamento (art. 457 c.c).

Disciplina dei diritti di abitazione e di uso ex art. 540 cc

Sono diritti commisurati alla vita del coniuge beneficiario e si estingueranno alla sua morte.

Non sono cedibili ed i beni che ne sono oggetto non possono essere dati in locazione (art. 1024 c.c.), salvo che vi sia consenso del nudo proprietario. La norma è ritenuta derogabile poiché a tutela di quest’ultimo.

Cosa accade se il coniuge lascia l’abitazione per trasferirsi in un’altra? Il diritto acquistato per successione rimane in piedi o si estingue?

Opinione pacifica non ammette l’ipotesi di rinunzia tacita del diritto, poiché non prevista dall’art. 1014 c.c. a cui l’art. 1026 c.c. fa rinvio; in dubbio si può invece porre la prescrizione del diritto per non uso ventennale.

Al coniuge superstite spetteranno tutti gli oneri per il godimento dei beni (spese utenze e condominiali), le spese per la manutenzione ordinaria e le relative imposte (es. IMU, TARI).

Tutela del diritto di abitazione

Come visto in precedenza, l’attribuzione di tale diritto avviene automaticamente all’apertura della successione in favore del coniuge. Nessun problema di tutela si pone in caso di successione legittima; il legatario potrà agire con l’azione di rivendica (art. 948 cc).

Si pone invece nel caso di successione testamentaria con cui il testatore abbia fatto disposizioni “incompatibili” col diritto di abitazione. In tali casi si ritiene bastevole l’azione di rivendicazione. In tal altri però, si reputa necessaria la più onerosa azione di riduzione delle disposizioni testamentarie qualitativamente lesive. Azione che andrà a ridurre solo le disposizioni lesive dei diritti di uso e abitazione e non tutte proporzionalmente. Non è riducibile la donazione fatta in vita dal de cuius della casa familiare, poiché fa venir meno il presupposto visto sopra (esistenza della casa).

Opponibilità del legato di abitazione

Sempre considerando la sua natura di legato ex lege, immediatamente attributivo del diritto di abitazione al coniuge, la sua opponibilità agli altri successori non è rimessa all’anteriorità della trascrizione nei registri immobiliari.

La trascrizione invece diventa opportuna per mettere al riparo l’acquisto del diritto dalle alienazioni, anche virtuali, fatte dall’erede sul diritto di piena proprietà della casa familiare. In tal caso resterà salvo l’acquisto del terzo in buona fede che acquista a titolo oneroso dall’erede apparente (art. 534 c.c.), se l’accettazione dell’erede e l’acquisto siano trascritte prima della trascrizione del legato.

Ricordo che la trascrizione della dichiarazione di successione, nella quale fosse indicato il legato di abitazione, non ha la funzione di opponibilità, ma soltanto di pubblicità notizia.

Aspetti fiscali

L’inserimento del diritto di abitazione spettante al coniuge nella dichiarazione di successione può avere indubbi vantaggi fiscali, derivanti dall’agevolazione prima casa.

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