Rischia di pagare i debiti l'erede che rinuncia senza inventario
Come si rinuncia all’eredità
Prima di affrontare l’aspetto centrale se rischia di pagare i debiti l’erede che rinuncia senza inventario, è necessario brevemente parlare della rinuncia in generale.
Il chiamato erede ad una eredità può sempre rinunziavi, mediante dichiarazione ricevuta da notaio o dal cancelliere. I motivi che inducono alla rinunzia possono essere svariati: il disinteresse ad acquisire beni di scarso valore, evitare comunioni con altri soggetti, il rifiuto morale di voler essere il successore di un determinato soggetto e assai di consueto di evitare il rischio di pagare i debiti ereditari.
Ricordiamo che in ogni caso il rinunziante può sempre cambiare idea e decidere di accettare l’eredità, purché il diritto non si sia prescritto ed altri chiamati non abbiano acquistato la sua parte (art. 525 cc).
La disciplina della rinunzia non è tutta raggruppata nel medesimo capo settimo del codice civile (artt. 519 – 527), ma vi sono altre norme sparse che la contemplano. Dall’art. 480 cc, per cui il diritto di accettare l’eredità si prescrive in 10 anni dall’apertura della successione, si evince che l’erede non possessore ha diritto di rinunziare all’eredità entro 10 anni. Decorso tale termine l’eredità non potrebbe più comunque essere acquisita ed ogni rinunzia sarebbe inutile. Per l’art. 481 cc, il giudice può fissare un termine al chiamato perché dichiari se intende accettare o rinunziare. In tal caso il termine per rinunziare è fissato dal giudice e nel caso in cui il chiamato non si esprima nel termine sarà considerato rinunziatario. L’art. 485 cc, in tema di beneficio di inventario, disciplina le incombenze e la relativa tempistica a cui il chiamato all’eredità, che sia nel possesso di beni ereditari, deve sottostare per evitare di essere considerato erede puro e semplice.
Hai qualche domanda?
Il chiamato erede nel possesso dei beni ereditari
Per comprendere a pieno se rischia di pagare i debiti l’erede che rinuncia senza inventario, è necessario anche soffermarsi sul significato di possesso di beni ereditari del chiamato. Trattasi di concetto molto esteso, ossia di qualunque relazione materiale con beni ereditari; basta che la relazione del chiamato riguardi anche un solo bene; che la relazione ci sia stata anche per pochissimo tempo dopo l’apertura della successione, essendo irrilevante che sia sorta prima o dopo l’apertura della successione.
Vi è un caso in cui unanimemente la relazione materiale del chiamato con i beni è irrilevante ai fini degli effetti del chiamato possessore. E’ quello del coniuge superstite che dopo la morte dell’altro continua ad abitare la casa coniugale ed usare i mobili che la arredano. In tal caso il coniuge è destinatario di legato ex lege (art. 540 cc) del diritto di abitazione e di uso dei mobili ed è legittimato a detta relazione in virtù di legge.
Diversamente viene ad esempio considerato possesso rilevante, quello del chiamato già comproprietario di beni col de cuius.
Cosa deve fare il chiamato nel possesso dei beni (art. 485 cc)
La norma, che pone problemi interpretativi, esordisce con l’affermazione dell’obbligo per il chiamato possessore di dover fare l’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione, salva la proroga di ulteriori 3 mesi al massimo. Trascorso detto tempo senza che l’inventario sia stato completato, il chiamato è considerato erede puro e semplice. Se il possessore ha compiuto l’inventario nei termini, ha 40 giorni di tempo dal completamento per decidere se accettare o rinunziare; ancora una volta se niente viene fatto, è considerato erede puro e semplice. Il dubbio è dunque se sia possibile, entro i 3 mesi dall’apertura della successione, per l’erede possessore una rinuncia senza inventario o se all’opposto sia necessario farlo per evitare l’accettazione tacita.
Rinuncia senza inventario se fatta entro 3 mesi: la teoria dominante
La dottrina assolutamente dominante e la prassi applicativa (notai e cancellieri) ritengono che il possessore che rinunzi all’eredità entro i 3 mesi dall’apertura non debba fare l’inventario, per evitare di essere considerato accettante.
In sostanza il chiamato possessore dovrebbe in ogni caso dismettere, prima del decorso dei 3 mesi dall’apertura della successione, la relazione materiale con i beni, onde evitare di incorrere nell’accettazione tacita, sempre possibile anche dopo l’eventuale rinunzia.
Per questo orientamento la rinuncia nei 3 mesi, con dismissione del possesso, non necessita dell’inventario, poiché ritiene che il legislatore “…applica la “sanzione” dell’acquisto dell’eredità in modo puro e semplice a situazioni in cui i chiamati, pur mantenendo il possesso di beni ereditari, ovvero sottraendo o celando beni ereditari, non deliberano in ordine all’accettazione o rinunzia all’eredità.” (Studio CNN 406-2017/C).
Se dunque la rinuncia senza inventario fatta dal possessore entro 3 mesi è efficace, ne consegue che l’erede non rischia di pagare i debiti ereditari.
Obbligo di inventario per rinunciare: la Cassazione
Non è possibile sottacere il poco conosciuto orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 7076/1995, 4845/2003, 5862/2014, 15530/2017 e 36080/2021), che è di contrario avviso.
Per la Cassazione, in ogni caso, il chiamato possessore deve redigere l’inventario nei 3 mesi anche per poter efficacemente rinunziare all’eredità. In difetto il delato sarà considerato erede puro e semplice e rischia di pagare i debiti ereditari.
Questa interpretazione ha dalla sua il conforto letterale del dato normativo ed il rispetto dell’esigenza di tutela degli altri eredi e dei creditori ereditari. In sostanza l’onere dell’inventario consentirebbe loro di evitare in ogni caso il rischio di dispersione di beni ereditari da parte di chi ne ha la disponibilità materiale.
Considerazioni conclusive: valutare bene i rischi
Possiamo intuire quali conseguenze possa avere l’adesione ad una teoria piuttosto che all’altra, sia in termini economici e sia in termini di responsabilità.
Per capire meglio, partiamo da due semplici esempi:
a) il de cuius lascia un patrimonio relitto con beni (macchina e altri beni mobili) del valore di euro 10.000,00 euro e debiti per euro 11.500,00;
b) il de cuius lascia un patrimonio relitto con beni (immobili, denaro e mobili) del valore di euro 500.000,00 euro e debiti per euro 800.000,00.
Nel caso a) il costo della redazione dell’inventario notarile rischia di superare la responsabilità a cui è tenuto il rinunciante per i debiti ereditari.
Il rischio di vedersi considerare come erede puro e semplice sarà quello di dover rispondere di 1.500,00 euro di passività (11.500,00 di passivo – 10.000,00 di attivo).
Nel ben diverso caso b), la carenza dell’inventario potrebbe provocare nel chiamato una responsabilità per ben 300.000,00 euro (800.000,00 di passivo – 500.000,00 di attivo).
E’ oltremodo evidente che in una situazione del genere è fortemente consigliabile sostenere i costi di un inventario, anziché correre il rischio di dover rispondere anche col proprio patrimonio personale.
Se è vero che sarà onere dei creditori ereditari dare la prova che il chiamato rinunziante è stato nel possesso dei beni e che in molti casi detta prova non sarà di facile soluzione, si dovrà valutare attentamente ogni rischio.
Per chi fosse in grado di “prevedere” una imminente apertura di una successione in proprio favore, sapendo già di rinunziarvi, consiglio addirittura di dismettere anticipatamente il possesso dei beni appartenenti al futuro de cuius per poter serenamente rinunziare all’eredità, evitando gli oneri di un inventario.