Forma del testamento per tutelarsi
La vulnerabilità del testatore
Uno dei temi centrali e più delicati della successione ereditaria riguarda la “genuinità” del testamento. Nell’accezione più ampia del termine, la sua genuinità può essere inquinata da molteplici fattori, come il suggerimento del contenuto, l’induzione in errore (dolo), la violenza, l’incapacità del testatore, alterazione, smarrimento o sottrazione del testamento olografo, sua scrittura ad opera di terzi o altri vizi di forma.
Tutte criticità a cui può esporsi il testatore anziano. Via via che l’età avanza, aumenta di pari passo anche la sua vulnerabilità. Si affievolisce la capacità di autodeterminazione, aumenta l’influenzabilità dall’esterno, può cadere in errori e perdere il controllo sulla custodia del testamento.
Esistono modi per mettersi il più possibile al riparo da tali evenienze?
Tra i tanti ai quali si può pensare, per la maggior parte di natura fattuale, qui ne affronterò uno in particolare, di natura giuridica, potenzialmente deputato a preservare la volontà successoria.
Il testatore potrebbe vincolarsi ad una determinata forma del testamento per tutelarsi? Quale?

Hai qualche domanda?
Forma del testamento per tutelarsi
Ricordo brevemente che le tre forme ordinarie di testamento sono l’atto pubblico, segreto e olografo.
Non è questa la sede per fare una disamina delle tre forme testamentarie e mi limito a evidenziare le caratteristiche di ciascuna in relazione a quanto qui di interesse.
– Il testamento pubblico è l’atto scritto dal notaio, in cui è riportata la volontà del testatore in modo giuridicamente “corretto”;
– Il testamento segreto è un atto complesso con cui il notaio riceve il testamento già scritto dal testatore o da terzi e ne dà atto con verbale pubblico;
– Il testamento olografo è una scrittura privata scritta interamente a mano dallo stesso testatore, senza ausilio di notaio.
È intuitivo che la presenza attiva del notaio costituisca un valido filtro per respingere le interferenze di cui abbiamo parlato. Il suo ruolo gli impone, per legge, di non ricevere atti invalidi e per questo deve indagare sull’effettiva volontà del testatore e sulla sua capacità di esprimerla. Il testamento pubblico offre poi ampie tutele di conservazione e non alterazione.
La questione è che le tre forme testamentarie sono parificate tra loro, nel senso che ciascuna di esse può essere usata indifferentemente per revocare un precedente testamento, in qualunque forma redatto. Per esempio, ben potrebbe revocarsi un testamento pubblico precedente con uno olografo successivo. Questo è il principio ricavabile dalle norme in tema di revocazione delle disposizioni testamentarie (art. 679 cc e ss.). E’ espressione di massima libertà. È però proprio questa libertà che può essere foriera di intrusioni, influenze, abusi, errori, ecc., tali da inquinare le reali volontà testamentarie.
Facciamo l’esempio ricorrente di una persona che ha già fatto un testamento pubblico e che, nell’andare in là con gli anni, si ritrova sempre più sola, più segregata in casa, bisognosa di aiuti di parenti o personale badante e con la mente che vacilla. Non sarebbe affatto difficile che l’anziano, più o meno coscientemente e volontariamente, facesse un testamento olografo che revocasse il precedente testamento pubblico. Ecco che la libertà di forma può in certi casi rivelarsi una minaccia, più che un vantaggio.
Potrebbe allora pensarsi ad una sorta di vincolo di forma, autoimposto dal testatore?
Imposizione del vincolo della forma pubblica
Il vincolo all’uso di una determinata forma del testamento per tutelarsi, quella di atto pubblico, potrebbe costituire un valido strumento per rendere nulli tutti i testamenti successivi che non rivestissero tale forma. Così facendo il testatore potrebbe essere tutelato da testamenti non realmente voluti.
Per raggiungere questo scopo, il testatore dovrebbe fare un primo testamento pubblico, anche contenente l’unica clausola del vincolo di forma, nel quale egli si autoimpone la stessa futura forma per tutti i successivi testamenti.
In tal modo, qualsiasi testamento successivo che il testatore facesse con forma diversa dall’atto pubblico, sarebbe nullo. Così facendo potrebbe tranquillamente farsi influenzare da terzi senza effetti alcuno.
Poiché tale possibilità non è espressamente contemplata dalla legge, è necessario verificare la sua liceità.
Nel codice civile troviamo, in ambito contrattuale, l’art. 1352 cc, che consente alle parti di stabilire per iscritto la futura forma del contratto che andranno a concludere (o modificare), a pena di nullità.
Occorre valutare se tale auto imposizione della forma in tema di contratti sia mutuabile per essere applicata all’atto mortis causa per eccellenza.
In assenza di precedenti giurisprudenziali noti, la dottrina che se ne è interessata ha assunto due diverse posizioni.
Illiceità del vincolo di forma del testamento per tutelarsi
Chi nega la validità di siffatta clausola sostiene:
- il vincolo violerebbe l’art. 679 cc, che sancisce l’irrinunciabilità al diritto di revoca del testamento e l’inefficacia di ogni disposizione che la impedisce. Per questa teoria la scelta di una determinata forma, comprimerebbe la piena libertà di revoca, perché un olografo non potrebbe revocare un testamento pubblico.
- La clausola testamentaria di vincolo alla forma pubblica inoltre non rientrerebbe nel contenuto tipico del testamento, ex art. 587 II° comma cc.
- Inoltre, non rientrando nella categoria degli atti mortis causa, perché produttivo di propri effetti sin da subito e non dalla morte, determinerebbe l’inefficacia originaria della revoca in caso di violazione del requisito formale.
Liceità del vincolo di forma del testamento per tutelarsi
Una parte della dottrina, anche recente (R. Mazzariol), perora invece la legittimità di tale clausola.
Prendendo spunto dalle mutate e diffuse situazioni di vulnerabilità del più longevo testatore odierno, analizza a fondo esigenze di tutela che tale vincolo potrebbe presidiare.
A sostegno della possibilità di auto vincolarsi si sostiene:
- L’art. 1352 cc in tema di contratti è espressione del principio di libertà delle parti di imprimere regole di forma. Il vincolo è tale per le parti ed anche per sé stessi; inoltre vale anche per gli atti unilaterali successivi alla conclusione di un contratto..
- La limitazione in questione, a carattere patrimoniale e con effetti immediati, potrebbe anche esser operata con atto pubblico inter vivos, in virtù della simmetria delle forme, e non necessariamente con testamento pubblico.
- La libertà accordata al testatore nella scelta della forma testamentaria è comprimibile perché è un diritto disponibile. La massima libertà di tempo e di luogo nella formulazione del testamento olografo, nonché la segretezza che può garantire, anche di più rispetto al testamento segreto, sono poste a tutela di interessi individuali e come tali auto sacrificabili.
- In riferimento all’art. 679 cc, il limite alla forma della revoca non significa rinunciare alla revoca in sé, poiché la sostanza (potere di revoca) rimane intatto. Il testatore per poter revocare il testamento pubblico, presidiato con l’autolimitazione della forma, con un testamento olografo, dovrebbe prima revocare la clausola autolimitante, con atto pubblico. Difatti non avrebbe senso un diverso funzionamento.
- Libertà di non avvalersi di una libertà concessa, perché potenzialmente pregiudizievole.
- Valutata la meritevolezza dell’auto vincolo a scopo protettivo e tenuto in debita considerazione il principio di autonomia negoziale, non può che accogliersi la libertà di limitarsi nella forma del testamento, per tutelarsi.
