Come essere ricompensati per assistenza genitori

Come essere ricompensati per assistenza genitori

Uno degli argomenti che più frequentemente mi trovo ad affrontare, una volta apertasi la successione di un genitore, è proprio quella dell’assistenza fornita da uno degli eredi o aspiranti tali.
Proprio l’erede che ha prestato cura ed assistenza al padre e/o alla madre, rivendica spesso maggiori diritti sul patrimonio ereditario, giustificandoli come “ricompensa” per l’opera prestata.
Sento affermazioni del genere: “non è giusto che mia sorella prenda quanto me….”, “le elargizioni che mi ha fatto mio padre sono avvenute perchè mi occupavo di lui”.
Tanti anche i testamenti lesivi della legittima, motivati con la maggior attribuzione al figlio erede che è stato vicino al de cuius.
Quasi sempre mi vedo costretto a dare risposte negative all’erede, che mostra invece attese positive al suo sacrificio prestato. La delusione aumenta quando faccio presente che il genitore in vita avrebbe potuto o dovuto fare diversamente, per garantire un surplus al figlio.
Credo che sia utile approfondire i vari aspetti della questione per poi scoprire come essere correttamente ricompensati per assistenza genitori.

Come essere ricompensati per assistenza genitori
Hai qualche domanda?

Assistenza e mantenimento

Benché spesso i due termini vengano usati indifferentemente l’uno per l’altro, possiamo individuare i caratteri distintivi di ciascuno.

  • Assistenza: è l’attività continuativa o periodica, consistente nel prestare la propria opera e le proprie cure a chi ne è bisognoso. E’ caratterizzata da tutte quelle azioni tese a soddisfare i bisogni primari di vita del beneficiario (cura personale, pulizia, igiene, alimentazione, cure mediche, ecc.). Spesso si connota anche di aspetti immateriali come il sostegno morale, il conforto, ecc. I suoi requisiti fondamentali sono il facere e l’infungibilità delle prestazioni, rese da soggetto individuato per le sue capacità personali e vicinanza affettiva.
  • Mantenimento: è quell’insieme di attività che l'obbligato deve svolgere verso il beneficiario, al fine di conservare il suo tenore di vita. Per questo il contenuto degli obblighi dl mantenimento devono essere adeguati alla condizione sociale del beneficiario e prescindono dallo stato di bisogno. Il mantenimento può essere somministrato sia direttamente che indirettamente. Nel primo caso sarà l’obbligato a compiere tutte le attività (fare, dare, pagare, ecc), nel secondo si limiterà a fornire la provvista (pagare) al beneficiario un importo di cui il secondo potrà disporre. Sia l’assistenza che il mantenimento differiscono dagli alimenti. L’obbligo alimentare che troviamo disciplinato agli artt. 433 e ss cc è invece limitato allo stretto necessario per vivere di chi versa in stato di bisogno (indigenza) e sono commisurati alle necessità del beneficiario e alle condizioni economiche di chi deve somministrarli.

Le fonti normative degli obblighi di assistenza e mantenimento

Va da se che tali obblighi sorgano in ambito familiare.
Li troviamo all’art. 143 cc, tra i principali contenuti dei diritti e doveri tra i coniugi; oggi estesi anche alle unioni civili (art. 11 L. 76/2016).
Sono presenti all’art. 147 cc, quali doveri dei coniugi verso i figli.
Ancora nell’art. 315-bis cc, tra i diritti e doveri dei figli derivante dalla responsabilità genitoriale, indipendentemente dall’unione dei genitori. I figli hanno diritto, tra le altre ad essere mantenuti. Loro stessi devono però contribuire al mantenimento della famiglia con cui convive, in base alle proprie capacità, sostanze e reddito.
Altro obbligo contributivo proviene dall’art. 324 cc, mediante l’usufrutto legale dei genitori sui beni dei figli minorenni, i cui frutti sono destinati al mantenimento familiare.
E’ previsto, all’art. 316-bis cc, l’intervento da parte degli ascendenti, per il caso in cui i genitori non abbiano mezzi sufficienti per mantenere la prole.
Anche in occasione della crisi matrimoniale o dell’unione civile, possono esser stabiliti obblighi di mantenimento dell’uno verso l’altro; non invece di assistenza. In sede di separazione è previsto dall’art. 156 cc; in sede di divorzio dall’art. 5 L. 898/1970; per l’unione civile la già sopra citata legge.
Obbligatorio il mantenimento dei genitori verso i figli, in occasione della crisi di coppia (separazione, scioglimento, divorzio, annullamento e nullità del matrimonio, procedimenti relativi ai figli di coppia non sposata), ex artt. 337-ter e 337-sexies cc.
Dal quadro normativo possiamo ricavare, in sintesi, che i sopra menzionati obblighi di mantenimento non hanno alcuna corrispettività e che non sussistono obblighi di mantenimento ed assistenza dei figli (non più conviventi) verso i genitori.

Se il figlio decide di accudire, assistere e mantenere il genitore

Il figlio che decide di prendersi cura del proprio genitore bisognoso, è certamente degno di plauso, ma deve essere consapevole che non ne è obbligato e che le sue azioni rispondono soltanto all’adempimento di un obbligazione naturale.
La conseguenza di aver spontaneamente prestato quanto in esecuzione di doveri morali o sociali verso il genitore, non è soggetto a ripetizione ex art. 2034 cc. Trattandosi di norma di prestazioni infungibili, non avrà diritto ad alcun equivalente in denaro.
In questo scenario alla domanda come essere correttamente ricompensati per assistenza genitori, la risposta è: non è possibile pretendere alcunché.

Il genitore potrebbe decedere di ricompensare il figlio

A fronte dell’impossibilità giuridica del figlio di avanzare pretese unilaterali verso il genitore assistito, non è escluso che il secondo possa, sempre unilateralmente, decidere di beneficiare il figlio.
Potrebbe farlo in vita con donazione. In particolare con donazione rimuneratoria (art. 770 cc.).
In vista della sua successione, potrebbe pensare di beneficiarlo con disposizioni testamentarie, che gli attribuiscano un maggior patrimonio rispetto alla successione legittima.
In particolare potrebbe attribuirgli la quota disponibile o parte di essa; attribuirgli beni determinati a titolo di erede o di legato (prelegato).
Potrebbe anche sentirsi obbligato, per dovere morale o sociale, ad effettuare una prestazione in favore del figlio. In tal caso ci troveremo di fronte alla c.d. obbligazione naturale.

Criticità

Sebbene queste modalità rappresentino uno strumento per essere correttamente ricompensati per l’assistenza ai genitori, tutte presentano delle criticità.
Né la donazione e né il testamento sono una garanzia per tale ricompensa. Difatti entrambi sono una libera scelta del disponente (donante – testatore); il testamento è addirittura sempre liberamente revocabile. A tal ultimo proposito ricordiamo che non è percorribile la possibilità di un accordo tra erede e de cuius sulla futura eredità, per divieto dei patti successori dispositivi (art. 458 cc.). Anche l’adempimento dell’obbligazione naturale è “spontaneo” e non esigibile dal “creditore”.

La donazione, diretta o indiretta che sia, può essere soggetta a collazione. Anche ove avvenisse con dispensa dalla collazione, incontrerebbe il limite della disponibile, così potendo essere ridotta per la parte eccedente.
Anche il testamento va incontro al limite della quota disponibile.
La prestazione eventualmente ricevuta in esecuzione di obbligo naturale, richiede un non trascurabile onere probatorio da parte del ricevente, rendendola una attribuzione instabile.

Contratto di mantenimento

Esiste però un ottimo strumento giuridico per essere correttamente ricompensati per l’assistenza ai genitori. E’ il contratto di mantenimento; figura non molto conosciuta, ma adeguata alla finalità.
In estrema sintesi, trattandosi di contratto oneroso, a prestazioni corrispettive, si sottrae a tutti i rischi ed incertezze che invece derivano dalle attribuzioni che abbiamo visto sopra. Soprattutto si evitano i limiti imposti dalla quota necessaria. Pensiamo ad esempio ad un padre anziano, bisognoso di assistenza, che possiede una piccola pensione ed un solo immobile. Come potrebbe garantirsi un’assistenza? Probabilmente vendendo l’immobile per pagare una badante; ma se dovesse vivere a lungo?
Ecco che può soccorrere questa figura contrattuale, la quale da una parte offre garanzie di stabilità al genitore bisognoso e nel contempo remunera il figlio assistente.

In generale

Col contratto di mantenimento una parte si obbliga a fornire all’altra, bisognosa, prestazioni alimentari o assistenziali vita natural durante, dietro corrispettivo del trasferimento di un bene (piena o nuda proprietà immobiliare) o della cessione di un capitale (denaro o titoli).
In tal modo, chi è incapace di provvedere autonomamente ai propri bisogni, riceve direttamente e personalmente dall’obbligato tutte quelle prestazioni atte a soddisfare le esigenze di vita quotidiana, come sopra indicate (cure, vitto, alloggio, pulizia, trasporto, assistenza morale, compagnia, ecc.) in cambio della cessione di un bene (immobile o capitale).

Caratteristiche

Trattasi di contratto atipico, connotato da autonomo sostegno causale; differisce infatti dal tipico contratto della rendita vitalizia (art. 1872 ss. cc) poiché la controprestazione rispetto alla cessione del bene o capitale non è una rata periodica di denaro, ma prestazioni assistenziali, infungibili e continuative. I due contratti sono affini tra loro, data la comunanza della sola prestazione a cui è tenuto il beneficiario (cessione bene o capitale); da qui anche la denominazione di “vitalizio improprio” o “vitalizio assistenziale” del contratto di mantenimento.
E’ contratto consensuale, ad effetti reali, a prestazioni corrispettive, aleatorio.

  • Alea: Proprio l’alea è un elemento indefettibile del contratto, che lo caratterizza per la connaturata incertezza della durata e della misura delle prestazioni. Difatti, a priori, non è dato sapere quanto vivrà il beneficiario e di quali e quante prestazioni nel tempo abbia il medesimo necessità (Cass. 11290/2017 e Cass. SS.UU. 6532/1994). Va da sé che se il beneficiario al momento della conclusione del contratto fosse affetto da grave malattia con drastica riduzione delle aspettative di vita, il contratto potrebbe essere affetto da nullità per carenza dell’alea. In tal caso vi sarebbe una prevedibile sproporzione tra le prestazioni, come anche nel caso in cui le sproporzioni risiedano nell’oggetto di una prestazione; pensiamo al caso in cui il vitaliziante riceva un castello dal vitaliziato. In sostanza la validità del contratto è sorretta dall’iniziale rischio di ambo le parti circa la possibile sproporzione che potrebbe verificarsi in sede di esecuzione. Dunque non deve essere prevedibile chi dei due soggetti sosterrà la prestazione più gravosa. In forza della libertà contrattuale, le parti potrebbero anche dar vita ad un contratto con alea assente o affievolita, purché tale circostanza sia coscientemente espressa; in tal caso ci troveremo di fronte ad un contratto oneroso misto a donazione (indiretta) o ad una donazione modale (necessitante della forma dell’atto pubblico con testimoni). Così facendo però, non avremo risolto le problematiche derivanti dalle liberalità, di cui ho fatto cenno sopra.
  • Personalità della prestazione assistenziale: l’obbligo assistenziale che fa capo al vitaliziante ha ad oggetto prevalentemente prestazioni infungibili, che solo lui deve eseguire, perché scelto dal vitaliziato per le sue qualità personali (Cass. 1080/2020 e Cass. 10859/2010). Da ciò discende che l’obbligazione, sia dal lato attivo (credito del vitaliziato) che dal lato passivo (debito del vitaliziante) non si trasmette né per atto tra vivi né per successione a causa di morte (da ultimo Cass. 27014/2017).

Le tutele del vitaliziato

Nel contratto per essere correttamente ricompensati per l’assistenza ai genitori, è bene prestare attenzione al genitore creditore. Poiché il figlio vitaliziante riceve subito il trasferimento del bene (immobile o capitale) in suo favore, mentre il genitore diventa soltanto creditore di prestazioni future da eseguire nel tempo, quest’ultimo è esposto al rischio di inadempimento da parte del primo. Inoltre il genitore non potrebbe ottenere coattivamente l’adempimento, trattandosi di obblighi infungibili. Pensiamo semplicemente ai casi di ripetuta trascuratezza nei confronti del genitore, a gravi omissioni, ecc.
Date le difficoltà della verifica giudiziale degli inadempimenti, tali da comportare la risoluzione, è bene disciplinarli contrattualmente attraverso l’uso di clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 cc. E’ utile anche affiancare delle penali ex art. 1382 cc per rafforzare le obbligazioni, per i casi di semplice ritardo o inadempimenti meno gravi. Da valutare anche la previsione di una garanzia patrimoniale per assicurare gli effetti restitutori del capitale o dell’immobile, in caso di risoluzione.
Da ipotizzare anche la possibilità, ricorrendone determinati presupposti (momentanee difficoltà o impossibilità, periodi di libertà) di consentire al vitaliziante di farsi sostituire o farsi coadiuvare da terzi negli obblighi di fare o commutare tali obblighi con la corresponsione di denaro.
Se hai necessità di una consulenza o assistenza per il contratto, contattami.

Hai qualche domanda?