Testamento con attribuzione di singoli beni: eredità o legato?

Testamento con attribuzione singoli beni: eredità o legato?

Mi capita spesso di leggere testamenti olografi e anche pubblici in cui il testatore si limita soltanto ad attribuire specifici beni a determinati soggetti senza alcuna qualifica espressa.
Un esempio: lascio a mio figlio l’appartamento X, lascio tutti i miei soldi a mia moglie Y e lascio la macchina a mio nipote Z.
I beneficiari sono da considerarsi legatari o eredi?
Istintivamente verrebbe da pensare a tanti legati poiché, per esclusione, non sono disposizioni che comprendono universalità o quote dei beni (eredità), come risulta dalle definizioni dell’art. 588 I° comma cc.
Proseguendo nella lettura dell’art. 588 cc, troviamo però che “L’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio.”.
Ecco che ci troviamo di fronte ad una notevole incertezza, testamento con attribuzione di singoli beni: eredità o legato?
L’indagine volta ad individuare l’attribuzione a titolo di legato o di eredità è di fondamentale importanza per tutte le conseguenze che comporta: l’erede paga i debiti ed il legatario no; il legato si acquista automaticamente salva facoltà di rinunzia. Ci saranno poi da affrontare tante altre questioni che l’argomento solleva.

Testamento con attribuzione singoli beni: eredità o legato?
Hai qualche domanda?

Esempi pratici e indagine interpretativa

Per approfondire e meglio comprendere l’argomento teniamo a mente questi esempi, su cui torneremo a breve dopo aver focalizzato i criteri interpretativi:
a) lascio a Tizio tutti miei beni immobili ed a Caio tutti i miei beni mobili
b) lascio a Tizio la casa di Firenze, a Caio la casa di campagna in Greve in Chianti e a Mevia la casa del mare a Castiglioncello, tutte di ugual valore.
c) lascio a Tizio la mia unica casa e a Sempronio la somma di 5.000,00 euro
d) lascio in eredità a Mevio il mio appartamento e lascio a Caio il denaro che risulterà depositato sul mio conto corrente; solo Caio dovrà far fronte alle mie pendenze.

In tutti questi casi il testatore ha distribuito un complesso di beni o beni specifici a più soggetti, senza indicare alcuna quota e senza qualifiche espresse.
In base al sopra menzionato art. 588 cc, è dunque necessario interpretare, caso per caso, la volontà testamentaria per individuare se le disposizioni siano fatte a titolo di erede o legato.
E’ intuibile che lo sforzo interpretativo rappresenti il punto centrale per la soluzione ai casi di testamento con attribuzione di singoli beni: eredità o legato?
L’interprete deve prendere in considerazione ogni elemento intrinseco ed estrinseco, oggettivo e soggettivo del testamento, in riferimento al tempo in cui la sceda testamentaria è stata confezionata.
Gli elementi intrinseci (quelli risultanti dal testamento) spesso non sono di grande ausilio perché assenti. Ad ogni modo possiamo pensare ad espressioni come l’uso del termine “erede”, la previsione che il beneficiario debba pagare debiti, la manifestazione dell’intento di aver distribuito l’intero patrimonio, ecc.
Quelli estrinseci invece avranno una grande rilevanza. Si tratta di tutte quelle circostanze come la cultura, il livello di istruzione scolastica, la mentalità, l’ambiente di vita del testatore, il rapporto di valore dei beni assegnati in riferimento all’intero patrimonio.
Ove l’indagine non riuscisse a fugare i dubbi, potrebbe farsi ricorso alla “presunzione” di istituzione di erede, come sostenuto da taluna giurisprudenza di merito.

Analisi degli esempi

Adesso passiamo all’analisi degli esempi sopra fatti, sfruttando i criteri interpretativi appena conosciuti.
a) E’ l’ipotesi in cui il testatore ha lasciato ai successori due categorie di beni, gli immobili all’uno ed i mobili all’altro, così sostanzialmente disponendo di tutto il patrimonio. Possiamo affermare che sia Tizio che Caio siano i soli due eredi, testamentari.
b) Supponendo che il patrimonio del testatore sia formato dai tre immobili e da poco altro (mobili e denaro di scarsa rilevanza) è verosimile che anche in questo caso Tizio, Caio e Mevia sia da considerarsi eredi. Può anche pensarsi ad una implicita istituzione in quote uguali (identico valore dei beni) con assegnazione di beni.
c) Se il patrimonio del testatore è composto solo dall’immobile e da 5.000,00 euro, senza considerare suppellettili, vestiario e mobilia di poco valore, è verosimile che Tizio sia da considerare erede e Sempronio legatario.
d) Qui troviamo la qualifica espressa di erede per Mevio, mentre Caio è beneficiario del saldo del conto corrente alla morte. E’ però quest’ultimo solamente che dovrà far fronte ai debiti del testatore.
La soluzione, al di là di ogni apparenza, vede erede Caio e legatario Mevio. Difatti la qualifica espressa non è considerata determinante e può esser contraddetta e superata da indicazioni che esprimono la vera essenza di un istituto. Nel caso in questione il termine eredità è usato per Mevio al fine di qualificarlo come generico successore ed il fatto che Caio debba pagare i debiti è invece indicativo del fatto che subentra anche nei rapporti passivi ed è lui l’erede in senso tecnico.
Sin qui abbiamo affrontato la questione del testamento con attribuzione di singoli beni: eredità o legato, per capire quando siamo di fronte all’una o all’altro.
Adesso affrontiamo le problematiche che scaturiscono dall’attribuzione di beni in funzione di quota.

Attribuzione di beni in funzione di quota - problemi connessi

Abbiamo visto che l’erede è definito tale perché istituito nell’universalità o quota di essa; è tale anche quando risulti beneficiario di singoli beni che, nelle intenzioni del testatore, tali beni rappresentino una quota dell’intero patrimonio.
In sostanza è il bene stesso che determina a posteriori l’astratta quota. Se vogliamo è il procedimento inverso rispetto a quello ordinario istitutivo in quota con attribuzione in divisione dei beni.
Ma se il bene rappresenta una quota, dobbiamo rispondere alla domanda: la quota si determina avendo in riferimento il patrimonio esistente al momento della redazione del testamento o a quello dell’apertura della successione? O meglio, l’intero patrimonio da prendere in considerazione è quello al momento del testamento o quello all’apertura della successione?
La risposta è di fondamentale importanza ma subisce il connaturato contrasto tra il principio della forza espansiva della quota ed il principio per cui l’attribuzione di beni in funzione di quota rappresenta il limite alla stessa attribuzione.
Il testatore ben potrebbe dare indicazioni in tal senso, specificando se la misura (quota) dell’attribuzione rappresentata dal bene debba esser riferita al momento redazionale o a quello della morte. Tuttavia è assai raro ritrovarla, poiché presuppone la conoscenza della problematica in capo al de cuius.
In assenza di scelta esplicita, dottrina e giurisprudenza propendono per la seconda soluzione: l’attribuzione di singoli beni in funzione di quota rappresenta il limite alla stessa attribuzione.

Le conseguenze di un criterio rispetto all’altro

Nell’ipotesi in cui il patrimonio ereditario sia sostanzialmente identico tra il momento in cui è stato fatto il testamento e quello in cui si è aperta la successione, non sorgono questioni.
Vediamo adesso invece l’impatto dell’adozione di un criterio e dell’altro, nei casi in cui il patrimonio sia mutato, per incremento con nuovi beni e alienazione di tal altri o ne siano stati ignorati alcuni già esistenti.

Incremento e decremento del patrimonio

Anche questa volta lavoriamo su alcuni esempi di attribuzione di singoli beni in funzione di quota:
1) Il testatore, titolare del bene A e B, di ugual valore, attribuisce con testamento a Caio il bene A, senza altro disporre. Alla sua morte, rimasto invariato il patrimonio, Caio sarà erede testamentario per 1/2 e per l’alta quota di 1/2, rappresentata dal bene B, si aprirà la successione legittima. In questo caso l’invarianza della consistenza patrimoniale non sortirà effetti.
2) Il testatore, titolare del bene A e B, di ugual valore, attribuisce con testamento a Caio il bene A, senza altro disporre. Alla sua morte però al patrimonio ereditario si è aggiunto il bene C, di ugual valore agli altri A e B.
Se calcoliamo il valore della quota di Caio al momento del testamento essa è pari ad 1/2 e sempre di 1/2 resterà anche a fronte dell’incremento del bene C. Conseguentemente Caio si vedrà sempre attribuito il bene A (ora del valore di 4/12), oltre alla quota di 1/12 sugli altri beni B e C. Così facendo avrà la quota di 1/2 sul patrimonio. L’altra metà del patrimonio (10/12 dei beni B e C) andranno per successione legittima.
Se invece calcoliamo il valore della quota di Caio al momento della morte, il suo valore subirà un decremento poiché commisurata non sui beni A e B (1/2) ma su tutti e tre (1/3). Caio erediterà solo il bene A e per gli altri 2/3 (beni B e C) si aprirà la successione legittima.
3) Il testatore, titolare del bene A e B di ugual valore, attribuisce con testamento a Caio il bene A, senza altro disporre. Alla sua morte però, al patrimonio ereditario, non è più presente il bene B. In tal caso Caio è l’unico erede, non aprendosi la successione legittima.

Alienazione del bene attribuito in funzione di quota

Se invece alla morte risultasse solo presente il bene B, perché il testatore ha alienato quello A attribuito a Caio, cosa accade? Prevale l’attribuzione del bene o la quota che il bene rappresenta?
Si è sostenuto che il venir meno del bene non faccia venir meno la volontà istitutiva; quest’ultima prevarrebbe sulla volontà di apporzionarlo. Del resto non vi sarebbe una ipotesi di revoca per incompatibilità (Cass. 8780/1987).
In tal caso il valore della quota andrebbe ricavato dal valore del bene, che comunque esiste in natura benché non più facente parte dell’asse, rispetto all’intero patrimonio.
Al contrario si è anche sostenuto che l’alienazione del bene attribuito in funzione di quota, similmente a quanto accade per l’alienazione del bene legato (art. 686 cc), costituisca revoca della disposizione.

Beni ignorati

Altra questione che solleva l’istitutio ex re certa (attribuzione di singoli beni in funzione di quota) è quella della sorte dei beni ignorati dal testatore; beni esistenti nel suo patrimonio all’epoca del testamento, dei quali non vi è alcun atto dispositivo.
Come spesso accade il testatore si preoccupa di attribuire a determinati soggetti i beni di maggior rilevanza (immobili e denaro) omettendo di disporre dei mobili, della vettura e del vestiario. Altre volte tralascia anche disposizioni relative a beni di rilevante valore.
Cosa succederà in questi casi? Si aprirà la successione legittima relativamente ai beni omessi (Cass. 17868/2019 e 42121/2021), tranne il caso in cui dal testamento emerga la volontà di voler disporre dell’intero patrimonio. In tal caso i beni omessi verranno distribuiti tra i soli eredi testamentari, destinatari complessivamente del 100/100 del patrimonio e in proporzione alle quote risultanti dal valore dei beni attribuiti.

Considerazioni finali

Abbiamo visto che il testamento con attribuzione di singoli beni: eredità o legato, ovvero l’attribuzione di singoli beni in funzione di quota, crea non pochi problemi giuridici ed interpretativi della volontà testamentaria.
Queste incertezze sono foriere di potenziali liti tra eredi.
A chi si accinge a fare testamento, consiglio l’ausilio di un professionista che possa al meglio guidare il testatore a coniugare la volontà di attribuire i beni con la certezza giuridica del rispetto di tale volontà. Non necessariamente forzandola al diritto (penso all’attribuzione di quote con attribuzioni divisionali), ma arricchendola con qualificazioni espresse ed una adeguata regolamentazione che riduca il margine di incertezza.
Anche a chi tra i beneficiari si trova coinvolto in disposizioni attributive di specifici beni di rilevante valore, consiglio di far interpretare il testamento per un corretto inquadramento dell’istituto (eredità o legato) e connesse conseguenze.

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