Movimenti bancari del defunto
Può essere utile verificare i movimenti bancari effettuati dal defunto negli ultimi dieci anni.
Capita che i chiamati all’eredità di un parente deceduto, dopo aver ottenuto la dichiarazione di consistenza delle banche, rimangano delusi dal saldo del conto corrente al momento della morte, credendo che il de cuius avesse maggiori risorse.
In questi casi, come anche in quelli in cui gli eredi non abbiano alcuna idea della consistenza patrimoniale del defunto, può essere opportuno controllare tutti i movimenti effettuati sui conti. Anche quelli cointestati con terzi.
I movimenti di conto corrente sono indicati nei c.d. estratti conti della banca. Vediamo adesso come richiederli.
Il diritto ad avere le informazioni e le modalità per ottenerle
I chiamati all’eredità o gli eredi rientrano tra gli aventi diritto alle informazioni bancarie relative ai rapporti appartenuti al defunto.
Il loro diritto di accesso ai dati è sancito dall’art. 119 T.U.B. (Testo Unico Bancario – D.lgs. n.385/1993) in base a cui “il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, …….., copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.“
Tale diritto è poi stato nuovamente affermato ed ampliato nel GDPR all’art. 2 trdecies, per cui “I diritti … riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.“.
Le modalità di richiesta degli estratti conto sono le stesse di quelle per l’ottenimento della dichiarazione di consistenza e possono essere avanzate insieme ad essa.
Le verifiche da effettuare
Non di rado, dall’analisi di detti estratti possono emergere anomali prelievi e/o addebiti di rilevante importo, che non trovano riscontro quantomeno immediato in un atto formale.
Ad esempio il de cuius, con denaro fuoriuscito dal conto, potrebbe aver beneficiato direttamente un soggetto attribuendogli il denaro stesso o pagato al venditore il prezzo, o parte di esso, dovuto dall’acquirente di un immobile.
Nel primo esempio fatto, se non esiste l’atto di donazione per atto pubblico, l’attribuzione è nulla per carenza di forma (art. 782 c.c. ) con conseguente obbligo del beneficiario di restituire quanto illegittimamente ricevuto dal donante.
Nel secondo esempio il pagamento fatto in vita dal de cuius può configurare una donazione indiretta dell’immobile in favore dell’acquirente.
Ricordiamo che la donazione indiretta non richiede la forma dell’atto pubblico poiché è attuata attraverso l’utilizzo di altri negozi collegati, la cui combinazione dà vita ad una causa concreta liberale. Benché valida, vi possono comunque essere conseguenze tali da far incrementare quanto spettante dalla successione. Pensiamo all’azione di riduzione per lesione di legittima (art. 809 c.c.) ed eventualmente all’obbligo di collazione in sede di divisione (737 c.c.).
In entrambi i casi sopra indicati, vi è la possibilità di trovare pagamenti fatti in vita dal de cuius, che non hanno esaurito tutti gli effetti verso gli eredi, i quali potrebbero beneficiare di un loro rientro, concreto o virtuale, nell’asse ereditario.