Impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti
Impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti
Nel precedente articolo ho parlato di cosa può fare il testatore per non lasciare niente o poco all’erede, onde evitare che i beni vengano aggrediti dai debitori di quest’ultimo.
Adesso vedremo cosa invece potrà fare l’erede legittimario una volta che egli venga chiamato alla successione ereditaria per impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
Come anticipato in precedenza, concentreremo la nostra attenzione sull’erede necessario o legittimario, poiché dotato di diritti che gli consentono di esigere una minima quota di eredità allorché il de cuius non gliela avesse trasmessa.
E’ proprio la presenza di questi diritti, il cui uso o non uso finalizzato a non acquisire patrimonio aggredibile, che sarà oggetto di attenta analisi.
Vedremo che l’argomento è intriso di contrapposte prerogative, quali la libertà testamentaria del de cuius (di questa ho già parlato nel precedente articolo), quella del chiamato erede di acquisire o meno l’eredità e quella dei suoi creditori di veder soddisfatte le proprie pretese verso di lui.
Hai qualche domanda?
Come può comportarsi l’erede
Onde impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti, egli potrebbe:
- rinunziare all’eredità legittima o testamentaria che sia o rinunciare al legato
- rimanere inerte di fronte alla chiamata di erede
- rimanere inerte di fronte alla sua estromissione o lesione ereditaria
Rinuncia all’eredità
E’ in realtà la rinuncia al diritto di accettarla, poiché dopo l’accettazione la stessa non è più rinunciabile (semel heres semper heres).
La rinuncia è reversibile, poiché il delato rinunciante può cambiare idea ed accettare poi l’eredità, purché frattanto non sia stata acquistata da altri (art. 525 cc) e non si sia prescritto il suo diritto, con la decorrenza di 10 anni dall’apertura della successione (art. 480 cc).
L’art 524 cc prevede però la possibilità che i creditori del rinunciante possano impugnare la rinuncia al fine di farsi autorizzare ad accettarla per potersi soddisfare sui beni ereditari. Tale diritto dei creditori è soggetto alla prescrizione di 5 anni dalla rinunzia.
La dottrina più attenta (G. Capozzi), ha rilevato l’uso di una terminologia imprecisa da parte dal legislatore e difatti, attraverso questa azione, non vi è tecnicamente accettazione da parte di alcuno e dunque nessuno assume il titolo di erede. Ne’ il rinunciante e né i creditori diventano eredi.
Non si tratta di richiesta di autorizzazione ma di azione rispondente ad un diritto soggettivo.
Pur avendo analogie con l’azione surrogatoria e quella revocatoria, è un’azione autonoma; difatti, differentemente alla prima, non ha la finalità di reagire ad una inerzia (il rinunciante ha preso posizione con la rinuncia), né mira ad attrarre i beni nel suo patrimonio. Diversamente dalla seconda, non è necessaria la frode del rinunziante ed inoltre la dichiarazione di inefficacia è strumentale all’aggressione dei beni (Cass. 3548/1995 e 17866/2003).
Qualsiasi erede, sia o non sia legittimario, è soggetto all’impugnazione della rinuncia da parte dei propri creditori. Così l’erede non riesce ad impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
Rinuncia al legato
Benché l’attribuzione a titolo particolare si acquisti senza necessità di accettazione, è però facoltà del legatario di rinunciarvi (art. 649 cc). E’ per questo che a fronte della reversibilità di tale acquisto, è prevista la possibilità di far fissare al giudice un termine entro cui il legatario si esprima sulla rinunzia. In mancanza di sua dichiarazione il legato diventa definitivo (art. 650 cc).
Proprio il suo diverso funzionamento acquisitivo automatico, pone dubbi sulla natura della sua rinuncia. Vi è chi la riconduce ad un “rifiuto eliminativo”, che impedisce l’ingesso definitivo al beneficiario e chi invece ad una “rinunzia abdicativa” con effetti risolutori con efficacia retroattiva. Diversa ancora è la rinunzia al diritto oggetto di legato (rinuncia dismissiva), che presuppone invece il suo acquisto definitivo.
I creditori del legatario possono evitare che lui rinunci? In caso negativo, cosa altro potrebbero fare?
La rinuncia è atto personale che non ammette sostituzioni ed è irrevocabile; dunque i creditori non possono impedirla. Potrebbe pensarsi all’applicazione analogica dell’art. 525 cc sopra visto per la rinuncia all’eredità. In realtà la norma è eccezionale e va applicata in modo restrittivo. Soccorre però la norma generale dell’art. 2901 cc, che riguarda la revocatoria degli atti pregiudizievoli ai creditori, tra cui anche la rinuncia al legato. I creditori posso dunque agire in revocatoria nel termine prescrizionale di 5 anni dalla rinuncia al legato. Ancora una volta il successore potrebbe non riuscire ad impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
Nel caso in cui il legatario sia un erede necessario, a cui non è stata attribuita alcuna quota ereditaria, il danno ai creditori andrà valutato non tanto per la rinuncia al legato in sé, quanto per le successive omissioni del legittimario volte a conseguire la legittima. Le analizzeremo poco oltre.
Né accettare, né rinunciare all’eredità
Il chiamato all’eredità, non possessore dei beni ereditari, potrebbe anche non prendere alcuna decisione. Questa sua inerzia, prolungata per 10 anni dall’apertura della successione, è destinata a volgere verso la definitiva perdita del suo diritto di accettare, per prescrizione (art. 480 cc). Con essa verrebbe travolta irrimediabilmente anche ogni ragione dei creditori.
Persino in questa ipotesi però la legge accorda a chiunque vi abbia interesse la possibilità di far fissare dal giudice un termine entro cui il chiamato si determini o meno all’accettazione dell’eredità. Nel caso in cui il chiamato, interrogato sul punto, rimanga ancora silente, perderà definitivamente il diritto di accettare (art. 481 cc). Tra gli interessati a che il chiamato prenda posizione ci sono certamente i suoi creditori, che ambiscono al patrimonio da aggredire.
A questo punto il delato potrebbe rinunciare (le conseguenze di ciò le abbiamo viste sopra nel paragrafo “Rinuncia all’eredità” o perdere il diritto di accettare, cercando di non onorare i propri debiti.
Nel primo caso soccorre nuovamente in aiuto ai creditori l’art. 524 cc con la sopra accennata loro possibilità di impugnarla.
Nel secondo caso, ossia quello in cui l’interrogato non risponde e allo scadere del termine perderà il diritto di accettare, come potranno reagire i suoi creditori? Per la loro tutela possiamo parificare la rinuncia alla perdita del diritto di accettare e così accordare loro il rimedio offerto dall’art. 524 cc?
Ancora una volta l’esigenza creditoria ha portato all’elaborazione di due differenti strade percorribili per la loro tutela. Vi è chi estende analogicamente l’applicazione dell’art. 524 cc, poiché la perdita del diritto provocata dall’interrogazione è parificabile alla rinuncia; vi è chi, stante l’eccezionalità di tale norma, ritiene di poter ricorrere agli ordinari rimedi, quali prima l’azione revocatoria (art. 2901 cc) per rendere inefficace la perdita del diritto e poi l’azione surrogatoria (art. 2900 cc) per accettare l’eredità.
Queste teorie sono avversate da parte di attenta dottrina (C. Caccavale e A. Busani), sulla base di queste considerazioni: l’accettazione dell’eredità è atto personale di non esclusiva valenza patrimoniale (legami familiari, affettivi e morali; prosecuzione personalità de cuius); dubbia utilizzabilità della revocatoria non autosufficiente, perché è solo la premessa per altre azioni.
Come abbiamo visto, in questi casi è dubbio impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
Rimanere inerte di fronte alla sua estromissione o lesione ereditaria
Adesso affrontiamo la casistica del successore che non reagisce alla sua mancata nomina nel testamento e di quella in cui si accontenta di quanto in suo favore disposto, pur avendo diritto a ben oltre, a titolo di legittima, per verificare se è possibile impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
Dobbiamo partire dalla constatazione per cui non c’è una normativa espressa per la tutela dei creditori a fronte di tali ipotesi.
Affrontiamo il caso del legittimario non nominato nel testamento che non agisce in riduzione o addirittura rinuncia all’azione. Se consideriamo che entrambi gli atteggiamenti impattano sui creditori tanto quanto la rinuncia all’eredità, ecco che ancora una volta si riscontra la notevole propensione a trovare una soluzione per loro favorevole.
L’aggressione del patrimonio spettante al legittimario inerte potrebbe passare direttamente dall’azione di reintegra per il tramite dell’azione surrogatoria. Vi è anche chi prospetta l’alternativa di dover esperire l’actio interrogatoria per poi, in caso di rinuncia o silenzio, impugnarli ex art. 524 cc. (Cass. 166623/2019). In tal caso però è dubbio se sia impugnabile, oltre alla rinuncia, anche il silenzio che con sé porta alla perdita del diritto di accettare.
Se invece l’erede necessario ha rinunciato all’azione di reintegra espressamente o per fatti concludenti, si prospetta la necessità prima di abbattere la rinuncia con l’azione revocatoria ordinaria e poi di agire con l’azione di riduzione, per il tramite della surrogatoria (Trib. Rimini 30.06.2028). In dottrina, autorevole voce (L. Mengoni), onde superare le critiche all’applicazione di tali invasive azioni, che implicano accettazione dell’eredità, suggerisce di applicare analogicamente e con i dovuti adattamenti, l’azione di cui all’art. 524 cc. Ciò sulla base della considerazione per cui la rinuncia all’azione equivale a rinuncia all’eredità, con la conseguenza che identiche istanze devono ricevere identico trattamento secondo il principio di uguaglianza, dettato dall’art. 3 della Costituzione; del ché la norma (art. 524 cc) è soggetta all’interpretazione costituzionalmente orientata. In tal senso anche Corte App. Napoli 118/2018.
Legato in sostituzione di legittima
Sempre in questo ambito rientra il caso del legittimario che sia stato beneficiato con il solo legato in sostituzione di legittima, di cui ho parlato nel precedente e connesso mio articolo.
Se da una parte l’accontentarsi del legato implica per i creditori un mancato incremento del patrimonio aggredibile, dall’altra vi è stata comunque un’acquisizione successoria da parte del legittimario, attraverso un istituto messo a disposizione del testatore.
Anche qui non mancano i sostenitori alle ragioni creditorie, per i quali l’accettazione in qualunque modo resa o l’inerzia portano all’implicita rinuncia alla legittima e alla relativa azione di reintegra, con conseguente loro danno.
L’ostinata attenzione alle prerogative creditorie, ha indotto gli operatori del diritto a rivolgere l’attenzione nuovamente sugli istituti di cui all’art. 524 cc ed al 481 cc., data la dubbia utilizzabilità gli ordinari mezzi di tutela. Non la revocatoria perché strumentale ad altra azione e non la surrogatoria poiché non vi sarebbe alcuna inerzia, dato che il legatario ha “deciso” di acquisire il legato. Il loro utilizzo porterebbe poi all’accettazione dell’eredità dal parte del legittimario; cosa che abbiamo visto non essere ipotizzabile, per la sua natura personale. Anche Cass. 4005/2013 nega l’esperibilità dell’azione revocatoria a fronte dell’adesione al legato con rinuncia alla reintegra.
Ma vi è chi in dottrina, come C. Caccavale, contesta fermamente anche il ricorso analogico alle 2 sopra citate norme. Difatti non all’art. 481 cc poiché esiste apposita norma (art. 650 cc) che produce effetti opposti per il legatario (consolidamento dell’attribuzione) e non all’art. 524 cc perché si verifica comunque un acquisto, quello del legato.
Il legato in sostituzione di legittima si presenta dunque come la miglior soluzione per impedire di farsi prendere l’eredità per rischio debiti.
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