Comodato al futuro erede è donazione: Ni

Comodato al futuro erede è donazione: Ni

Talvolta è capitato che dei clienti, nel rappresentarmi la storia familiare al fine “regolare la successione” del genitore, mi abbiano fatto presente che uno dei figli ha goduto di uno o più immobili per tanti anni, messi a disposizione gratuitamente dal genitore. Mi dicono che ciò non è giusto e che si tratta di una donazione di cui tener conto in sede di divisione del patrimonio ereditario.
In effetti la percezione dell’ingiustizia subita e l’intuizione di aver oggi diritto a qualcosa in più, rispetto a chi ha goduto del bene, merita quanto meno una riflessione per capire se il comodato al futuro erede è donazione.
Pensiamo al caso ricorrente di un padre che, per favorire l’attività di uno dei due figli A, gli conceda gratuitamente un fondo commerciale per 20 anni. Alla morte del genitore l’altro fratello B, che magari in vita non ha ricevuto alcuna donazione, ne ravvisa un notevole pregiudizio. Il fratello A ha risparmiato decine se non centinaia di migliaia di euro di canone di locazione ed il genitore non ha accresciuto il proprio patrimonio per corrispondente importo, non avendo mai percepito reddito. Patrimonio che sarebbe potuto andare in successione, con beneficio anche per il fratello erede B.
Per dare una risposta alla questione se il comodato al futuro erede è donazione occorre inquadrare gli istituti che entrano in gioco.

Comodato al futuro erede è donazione: Ni
Hai qualche domanda?

Comodato

La concessione gratuita del godimento di un bene è configurabile come comodato ex art. 1803 e ss. cc.
Nella sostanza è come se fosse un contratto di locazione o affitto, senza la controprestazione riguardante l’obbligo di pagare il corrispettivo (canone).
Limitando l’indagine agli aspetti che più ci interessano, il comodato è definibile come un contratto reale, gratuito, con obbligazioni di una sola parte (obbligo di restituzione del bene al comodante, al cessare del rapporto).
La realità, benché non più data per pacifica, sta a significare che per il perfezionamento del contratto occorre la consegna del bene al comodatario. Essa rappresenta la concreta volontà del comodante, senza la quale non vi è obbligo coercibile di concedere gratuitamente beni.
La gratuità, da non confondere con la liberalità, è l’assenza della controprestazione in favore del comodante. E’ l’elemento causale che lo caratterizza.
L’unilateralità sta a significare che sorge solo l’obbligo restitutorio da parte del comodatario al cessare del rapporto.
La temporaneità; o prima o poi (scadenza del termine, impiego terminato, bisogno o richiesta del comodante) il rapporto è destinato a cessare, con conseguente obbligo di restituzione del bene.
Il comodato, essendo previsto espressamente dalla legge, è una figura contrattuale tipica, dotata di una propria causa.
Normalmente è un contratto di durata, con o senza termine finale. E’ proprio l’utilità, ritraibile dal bene ricevuto in comodato, protratta per lungo tempo che insinua il dubbio circa la sua attitudine a costituire liberalità indiretta.

Donazione indiretta

Va da sé l’eventuale profilo donativo della concessione in comodato non coinvolga il formale contratto di donazione (atto pubblico con testimoni), data la loro rispettiva diversità prevista dall’ordinamento.
Lo sguardo va piuttosto volto verso le liberalità indirette, ossia verso tutti quei negozi diversi dalla donazione tout court, che provocano comunque un effetto liberale.
Trattasi di tutte quelle figure negoziali autonome, diverse dalla donazione, che utilizzano gli effetti propri di quel negozio per conseguirne altri ed ulteriori. Pensiamo alla compravendita in cui è il genitore a pagare il prezzo di acquisto per il figlio; all’assicurazione sulla vita a favore di terzo ed ancora alla rinuncia (remissione di debito), ecc. Tra le diverse teorie sulla natura giuridica delle donazioni indirette spicca quella del collegamento negoziale tra negozio mezzo (compravendita, contratto a favore di terzo, ecc.) e negozio fine, accessorio e integrativo del primo, attraverso cui perseguire un ulteriore finalità.
Gli elementi caratterizzanti di tutte le donazioni, per quanto qui di interesse, sono:
– la gratuità è l’assenza della controprestazione a cario del beneficiario;
animus donandi è l’elemento soggettivo fondante la causa del negozio donativo; lo spirito di liberalità, da non confondere con i motivi, caratterizza lo spontaneo depauperamento del donante accompagnato dall’arricchimento del donatario;
– la consensualità, nel senso che si perfeziona con il solo consenso e non con la consegna del bene;
– la normale traslatività (effetti reali), poiché trasferisce diritti reali (proprietà e altri diritti di godimento) su determinati beni. La donazione obbligatoria di fare o non fare non è dai più ammessa, non essendovi (correlazione tra) arricchimento ed impoverimento dei contraenti. L’unica donazione obbligatoria pacificamente consentita è quella di dare una cosa generica (denaro).
Le donazioni indirette non sono tipiche proprio per il fatto che sfruttano altri negozi tipici per il conseguimento della ulteriore finalità liberale.

Poco in comune tra loro, all’apparenza

Dal confronto dei due istituti, appare evidente la non comunanza di elementi caratterizzanti. L’unico elemento comune è la gratuità, necessaria e sufficiente nel comodato e necessaria ma non sufficiente nella donazione indiretta.

Comodato al futuro erede è donazione: no per la cassazione

E’ proprio questa lontananza che, per parte della dottrina e per l’unanime giurisprudenza della cassazione (da ultimo Cass. 10349/19), non consentirebbe mai di conseguire un effetto donativo indiretto da un comodato. Difatti per la cassazione l’arricchimento procurato dalla donazione non può essere identificato con il vantaggio che il comodatario trae dall’uso personale e gratuito della cosa, non costituendo l’utilità il risultato finale dell’atto posto in essere dalle parti, come invece nella donazione, bensì il contenuto tipico del comodato stesso. Inoltre l’obbligo di restituzione del bene rappresenta elemento indefettibile del comodato, così caratterizzandolo della necessaria temporaneità del godimento in relazione alla gratuità dell’uso.

Comodato al futuro erede è donazione: sì per certa dottrina

Parte della dottrina ed isolata giurisprudenza di merito (Corte App. Milano 2004), al contrario, non escludono la configurabilità/compatibilità del comodato con la donazione indiretta in tutti quei casi in cui l’attuazione del rapporto di mero godimento trasmoda in un liberale arricchimento del comodatario.
Torniamo proprio all’esempio fatto all’inizio, dove un genitore ha messo gratuitamente a disposizione del figlio un immobile per 20/30 anni, usato da quest’ultimo per viverci, svolgere la propria attività o addirittura per locarlo a terzi, ritraendone una rendita.
Il figlio comodatario ha risparmiato ipotetici canoni di locazione per decine/centinaia di migliaia di euro nei primi due casi e si è arricchito per corrispondente importo nel terzo. In tutti i casi il padre comodante non ha mai visto incrementare il proprio patrimonio per quanto invece si è arricchito il figlio. Non si è forse voluto in concreto perseguire una finalità liberale attraverso l’uso del tipico contratto di comodato? Non si è forse raggiunto il medesimo risultato di una donazione dei diritti di usufrutto o uso con termine finale?
E’ innegabile la difficoltà a dare risposta negativa alle domande poste.
La temporaneità prolungata per anni attraverso l’omessa richiesta di restituzione da parte del comodante, costituisce inevitabilmente un deliberato (animus donandi) arricchimento del comodatario con depauperamento (lucro cessante) del comodante.
Se poi, come nel caso affrontato dalla cassazione, il padre comodante, nell’intento di “pareggiare i conti” tra i figli, corrisponde una cospicua somma di denaro all’altro figlio non comodatario, l’intento liberale ne esce a mio avviso rafforzato.

Le diverse conseguenze in ambito successorio

Per chi sostiene che il comodato non può mai generare liberalità, non vi saranno conseguenze di sorta; il comodatario si sarà avvantaggiato del godimento gratuito, senza che debba sottoporre ad eventuale collazione il valore degli ipotetici canoni locatizi ritraibili.
Per chi invece lo ammette, la conseguenza sarà proprio l’obbligo alla collazione della somma di denaro corrispondente all’ammontare dei canoni ritraibili (art. 751 cc). Altre conseguenze potrebbero essere l’obbligo di imputazione e la riduzione della donazione indiretta.

Considerazioni finali

La questione è dibattuta.
Ad oggi il preponderante orientamento della cassazione consente a chi voglia avvantaggiare un figlio a scapito dell’altro di operare tramite l’utilizzo del comodato di lunghissima durata, senza temere gli effetti sostanziali della donazione. Al contrario gli altri fratelli che verranno alla successione, non potranno pretendere alcunché per riequilibrare lo svantaggio subito. Se vorrà, potrà farlo il de cuius con maggiori attribuzioni utilizzando la disponibile. Sconsigliabile l’utilizzo da parte del comodante di dazioni di denaro agli altri figli per “pareggiare i conti”, poiché potrebbero incorrere in donazioni indirette o addirittura nulle per carenza di forma (nullità donazione), con le deleterie conseguenze di essere solo loro tenuti alla collazione o restituzione di quanto ricevuto.
Da non sottovalutare però le voci contrarie, che dalla loro hanno più convincenti ed incisive argomentazioni a favore della liberalità che in certi casi può scaturire dal comodato.

Hai qualche domanda?