Credito imposta in successione

La fonte normativa

Il credito di imposta “agevolazione prima casa” può essere usato anche in dichiarazione di successione per diminuire le imposte. Prima di trattare l’argomento specifico, vedremo l’istituto in generale.

L’articolo 7 commi 1 e 2 della L. 448/1998 accorda, a chi ha trasferito un immobile precedentemente acquistato con agevolazione prima casa, un credito d’imposta, nel caso di acquisto di nuovo immobile sempre con agevolazione prima casa. Credito pari alla minor somma tra imposta di registro o Iva corrisposta con il precedente acquisto agevolato e imposta di registro o Iva dovuta per l’acquisto della nuova abitazione.

Come vedremo in seguito, la norma lascia spazio ad incertezze applicative che potranno essere colmate attraverso l’interpretazione analogica della connessa disciplina in tema di agevolazione prima casa (nota II -bis art. 1 della tariffa- parte prima- allegata al T.U. imposta di registro, come a sua volta richiamato dal TUS).

Esempio

Tizio nel 2002 compra una casa con agevolazione prima casa, pagando 1.800,00 euro di imposta di registro. Vende poi detto immobile nel 2017 e lo stesso anno ne riacquista un altro, sempre con agevolazione prima casa, dovendo pagare euro 1.500,00 di imposta di registro. In occasione di tale ultimo acquisto potrà non pagare alcuna imposta di registro, utilizzando il credito d’imposta pari a 1.500,00 euro (minor somma tra 1.800,00 pagata la prima volta e 1.500,00 da pagare la seconda).

Con questo esempio abbiamo visto l’utilizzo del credito per l’abbattimento dell’imposta di registro in atto tra vivi. La norma prevede anche l’utilizzabilità in altri ambiti che indicheremo in seguito, tra cui quello successorio. È proprio quest’ultima possibilità che verrà approfondita poco oltre.

La natura del credito

Al credito d’imposta viene generalmente riconosciuta natura di vera e propria agevolazione fiscale, volta a facilitare l’accesso all’abitazione, quale bene costituzionalmente garantito. Più esattamente consente al contribuente di sostituire l’immobile con altro più confacente alle proprie esigenze, senza aggravio fiscale.

Hai qualche domanda?

Presupposti del credito

Analizziamo quali sono i presupposti necessari per avere il credito d’imposta:

  • il contribuente deve aver acquistato in passato, a titolo oneroso (compravendita, permuta, assegnazione, appalto), un immobile con aliquota agevolata per l’imposta di registro o IVA;
  • il contribuente deve alienare volontariamente a qualunque titolo (oneroso o gratuito) lo stesso immobile precedentemente acquistato;
  • entro 1 anno da detta alienazione, il contribuente deve riacquistare, sempre a titolo oneroso, un’altra casa di abitazione non di lusso in regime agevolato prima casa;
  • l’espressa richiesta, nell’atto di riacquisto, del contribuente beneficiario del credito, di avvalersene o meno in occasione dell’atto medesimo, con l’indicazione degli elementi necessari per la determinazione del suddetto credito (circolare A.E. 12 agosto 2005, n. 38);
  • omogeneità dei beni oggetto di acquisto, vendita e riacquisto, ancorché vi sia disomogeneità dei diritti sui beni. In sostanza è necessario che gli immobili oggetto dei passaggi abbiano la stessa natura (tutti garage o tutte abitazioni), mentre diversi possono essere i diritti anche per quota (piena proprietà, nuda proprietà, usufrutto, ecc.) sui beni omogenei tra loro.

Caratteristiche del credito

  • Si prescrive in 10 anni dal suo sorgere; esso nasce in occasione del secondo acquisto agevolato;
  • è personale, nel senso che deve sorgere in capo alla stessa parte che ha effettuato sia il primo acquisto che il secondo, benché poi possa essere usufruito dai suoi eredi. La personalità implica che qualora l’immobile alienato o quello acquisito risultino in comunione ordinaria, il credito viene diviso tra gli aventi diritto in proporzione alle proprie quote;
  • non è convertibile in alcun rimborso in caso di mancato utilizzo;
  • il credito non genera interessi;
  • il contribuente può scegliere tra più alternative, come utilizzare il credito;
  • è trasmissibile mortis causa, difatti possono avvalersene gli eredi del contribuente;
  • in caso di utilizzo non integrale -residuo credito non speso- pare consentita l’utilizzabilità della parte ancora restante, nelle modalità che vedremo adesso.

Come spenderlo

Spetta al contribuente la scelta alternativa di utilizzazione, tra queste:

  • in diminuzione dell’imposta di registro agevolata dovuto col secondo acquisto. Non è invece possibile diminuire le imposte ipotecaria e catastale, già dovute in misura fissa agevolata, e non è neppure possibile portarlo in diminuzione dell’IVA dovuta in relazione al secondo acquisto. Ciò semplicemente perché il soggetto passivo IVA è il cedente e non l’acquirente.
  • in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla (prima) dichiarazione da presentarsi successivamente al sorgere del credito;
  • in compensazione con altri tributi da pagare con modello F 24;
  • diminuendo le imposte ipotecaria e catastale, l’imposta di successione e donazione.

Credito imposta in successione

Se normalmente il credito viene utilizzato in occasione del medesimo secondo acquisto per diminuire l’imposta di registro, ci sono dei casi in cui il beneficiario non riesce ad utilizzarlo immediatamente.

Come abbiamo visto sopra, non è ad esempio utilizzabile quando il secondo acquisto è soggetto ad IVA. Pensiamo poi all’ipotesi in cui il contribuente non riesca neppure ad utilizzarlo in diminuzione delle imposte dirette, perché non tenuto alla presentazione di alcuna dichiarazione dei redditi.

In tali casi la prima occasione utile che si può presentare è una successione in cui egli sia chiamato erede o legatario.

In sede di dichiarazione di successione il beneficiario erede o legatario potrà diminuire le imposte in autoliquidazione, ipotecaria e catastale, fino a concorrenza del credito.

Caratteristiche del credito imposta in successione

  • il contribuente titolare del credito d’imposta può avvalersene in sede di dichiarazione di una successione, che sia tenuto a presentare;
  • il credito deve essere sorto prima della presentazione della dichiarazione di successione e non all’apertura della successione;
  • non deve essersi prescritto, dunque non devono essere trascorsi più di 10 anni dal secondo acquisto;
  • il credito può diminuire l’imposta ipotecaria e catastale e non le altre dovute in autoliquidazione come l’imposta di bollo, la tassa ipotecaria ed i tributi speciali; può diminuire anche l’imposta di successione liquidata dall’ufficio;
  • il credito può essere utilizzato a prescindere dalla richiesta di agevolazione prima casa in successione;
  • può diminuire tali imposte sino ad abbatterle, anche nel caso in cui siano dovute in misura fissa, per la richiesta di agevolazione prima casa;
  • in dichiarazione di successione il contribuente deve dichiarare di avvalersi del credito ed indicare gli estremi degli atti che lo hanno generato (primo e secondo acquisto);
  • la richiesta di scomputo, anche se avanzata da un solo erede, ha effetto liberatorio nei confronti degli altri coeredi, in virtù della solidarietà passiva a cui sono tenuti gli eredi. Proprio come accade quanto è un coerede a chiedere l’agevolazione prima casa, del cui beneficio si avvantaggiano tutti;
  • può essere utilizzato dall’erede del contribuente che lo aveva maturato senza utilizzarlo. Il successore può pertanto utilizzarlo in diminuzione delle imposte per la successione del de cuius che ne era titolare. Trattandosi di un credito fiscale, benché personale, non è personalissimo fino al punto di estinguersi con la morte del titolare. Andrà invece a formare componente attiva del patrimonio ereditario. Ovviamente non andrà a formare base imponibile ai fini fiscali;
  • taluno in dottrina non esclude neppure l’ipotesi in cui possa essere trasmessa all’erede la semplice aspettativa del diritto al credito. È il caso di un soggetto che acquista l’abitazione con agevolazione prima casa, muore, e l’erede vende l’immobile per riacquistane un altro sempre con agevolazione. In tal caso l’erede, portando a compimento l’operazione agevolativa iniziata dal de cuius, potrebbe maturare il credito.

Comunione legale e credito d'imposta

Il regime patrimoniale della comunione legale tra coniugi crea non poche incertezze applicative in ambito di agevolazione prima casa e suo credito d’imposta.

Per comprendere meglio le problematiche, facciamo subito due esempi:

I esempio: Tizio e Caia, coniugi in comunione legale, intervenendo entrambi in tutti gli atti, acquistano una casa agevolata, la rivendono e ne comprano un’altra sempre con agevolazione.

Pensiamo al caso in cui al secondo acquisto uno dei due coniugi abbia perso i requisiti per l’agevolazione prima casa: l’altro può utilizzare l’intero credito in proprio favore? Se morisse senza averne usufruito, potrebbero utilizzarlo gli eredi per intero?

II esempio: Tizio, coniugato in comunione legale con Tizia, interviene da solo in atto al primo acquisto agevolato, vende poi assieme alla moglie l’immobile, per poi ricomprarne un altro agevolato con atto in cui intervengono entrambi.

In occasione del secondo acquisto il coniuge, che non era comparso al primo, può avvantaggiarsi del credito in occasione del secondo acquisto? Se morisse senza averne usufruito, potrebbero utilizzarlo gli eredi?

Da una parte abbiamo la normativa fiscale con i precetti della solidarietà passiva dei contraenti per il pagamento delle imposte, del riferimento alle “parti intervenute”, della personalità del credito e dell’imputazione del credito in proporzione alle quote di comunione.

Dall’altra troviamo la normativa civilistica col meccanismo di comunicazione degli effetti acquisitivi in capo al coniuge non contraente (non intervenuto all’atto), che diventa comproprietario ex lege, senza quote sul bene.

Possiamo subito notare come il funzionamento civilistico della comunione legale non trovi piena compatibilità con i principi fiscali. Mentre si confà il principio della solidarietà (il coniuge contraente è il solo tenuto al pagamento delle imposte e pare possibile che lui possa utilizzare il credito per intero), più difficile è conciliare l’attribuzione del credito per quote, che nella comunione legale non esistono), l’utilizzo del credito del coniuge che non sia intervenuto all’atto e la personalità del credito.

Assai diverse le posizioni assunte dalla dottrina, dall’amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza, quest’ultima addirittura con continui mutamenti di orientamento.

Allo stato, le soluzioni preferibili sono quelle prudenziali sorrette da interpretazioni restrittive, onde evitare decadenze e sanzioni.

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